Facebook: nonostante alcune iniziative meritevoli, nuove polemiche emergono grazie al The Guardian

Nelle scorse settimane, alcune iniziative hanno riportato Facebook sotto una luce positiva: peccato che, a ridestare le polemiche, ci abbia prontamente pensato il britannico The Guardian, con un'inchiesta destinata a mettere non poco sotto pressione Zuckerberg

Facebook: nonostante alcune iniziative meritevoli, nuove polemiche emergono grazie al The Guardian

Facebook, con una platea di oltre 2 miliardi di iscritti, in grado di coprire contenuti di ogni genere, per ogni fase della vita, è sempre più nevralgico nell’epoca moderna e ciò, inevitabilmente, lo espone a continue polemiche, come emerso da un recente reportage del The Guardian, ma lo rende anche idoneo a diversi utili esperimenti. 

Nei giorni scorsi, la rivista scientifica Nature Biomedical Engineering ha reso conto di un esperimento, condotto da alcuni ricercatori (tra i quali anche Rikky Muller, della Berkeley University), grazie ai finanziamenti ricevuti (anche) da una fondazione nata con i soldi di Mark Zuckerberg, e di sua moglie Priscilla Chan. Lo studio era incentrato su un dispositivo, denominato Wand, basato su 128 elettrodi impiantati nel cervello, e collegati via wireless ad un dispositivo di monitoraggio: quest’ultimo, nel test condotto su delle scimmie, nel rilevare un imminente movimento, lo anticipava e, con un contro impulso elettrico, lo neutralizzava in modo efficace. Secondo quanto emerso, la tecnologia collaudata, un domani, potrebbe trovare diverse applicazioni nella cura di patologie – quali l’epilessia, il Parkinson, e le lesioni della spina dorsale – che vanno a colpire in qualche modo i movimenti dei pazienti, senza – però – che questi ultimi siano costretti ad essere immobilizzati nel corso del trattamento.

Uno dei modi migliori per sconfiggere il cancro, è quello di sottoporsi a regolari screening oncologici. A tal proposito, il Colorado Cancer Screening Program ha avviato l’iniziativa “EndCancer”, volta a sensibilizzare sull’argomento: per capire la strada migliore per farlo, l’ente ha condotto un test, inoltrando comunicati per 4 settimane tramite annunci radiofonici e manifesti locali, e – poi – mostrando avvisi analoghi su Facebook per 12 settimane. Il risultato è che molte delle persone che avevano letto dell’iniziativa sulle proprie bacheche, poi hanno fornito l’autorizzazione o il numero di telefono per ricevere sms informativi (anche in termini di scadenze) in merito al progetto preventivo “EndCancer”. 

Immancabili, come da almeno un paio di anni a questa parte, le polemiche con tema centrale Facebook. Una recente inchiesta del britannico The Guardian ha reso noto cosa pensino del social (e soprattutto dei suoi vertici) alcuni importanti opinionisti: il vice-presidente del partito laburista, Tom Watson, si è augurato – pur essendo scettico in merito – che Zuckerberg passi la mano ad un nuovo management, che ripari ai danni da lui compiuti.

Più o meno il senso di altri illustri pensatori. L’autore del cospirazionista “Winners take all: the elite charade of changing the world”, il giornalista Anand Giridharadas, giù autore del NYT, ritiene che la fondazione benefica di Mark Zuckerberg dovrebbe concentrarsi, più che sulle malattie (sfruttate come paravento per darsi un’aurea di moralità), sul curare quella piaga che risponde al nome di Facebook. L’autore di “Anti-social media”, Siva Vaidhyanathan, consiglia a Zuckerberg di prendersi o qualche mese di pausa per capire l’influenza delle sue app nel mondo (anche in tema di genocidi), o un biennio sabatico per terminare gli studi all’Università della Virginia, in modo da essere più consapevole della portata del suo social.

Jillian York, esponente della no-profit Electronic frontier doundation, e Leslie Miley, ex chief tecnical officier della Obama Foundation, consigliano a Zuckerberg di trovarsi un lavoro, magari uno di quelli che gli insegni preziosi concetti come l’umiltà: in tal senso, affrontare i problemi dal punto di vista umano e non dei numeri, secondo l’ex Google Jessica Powell, potrebbe essere d’aiuto al giovane dirigente americano. Il consiglio a dedicarsi a qualcosa di più inoffensivo viene anche dal Ceo di doteveryone, Rachel Coldicutt, secondo il quale Zuckerberg dovrebbe anche suddividere l’azienda di Menlo Park in 2 o 3 società di dimensioni inferiori

Meno provocatori, e più costruttivi, i consigli provenienti dal parlamentare californiano Ro Khanna, in base al quale Zuckerberg dovrebbe realizzare più strumenti per supportare la democrazia, e dalla responsabile dello Stanford Center for Internet and Society, Daphne Keller, per la quale molto di guadagnato ne verrebbe dall’introdurre più efficaci strumenti che diano agli utenti il controllo sui propri dati

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