Facebook negava ogni rimborso per le spese inconsapevoli dei bambini sulla sua piattaforma

Facebook, secondo documenti desecretati provenienti dagli USA, avrebbe utilizzato i bambini impegnati nei giochini del social quali "prede" per reiterati e non autorizzati addebiti sulle carte di credito dei genitori, negando i rimborsi. Ecco di cosa si tratta

Facebook negava ogni rimborso per le spese inconsapevoli dei bambini sulla sua piattaforma

Come di consueto, è dagli USA anche questa settimana giungono le notizie più interessanti relative a Facebook, sia in relazione agli scandali in cui il celebre social network è coinvolto, sia in merito alle iniziative varate per riguadagnare il pubblico consenso. 

Per quanto riguarda le polemiche, non poche ne sono nate in relazione ad alcuni processi avvenuti a partire dal 2012, in cui Facebook era contrapposto ad alcuni genitori che chiedevano rimborsi per spese non autorizzate dei propri pargoli, impegnati nei giochini implementati, da diverso tempo, all’interno della piattaforma. 

In un caso, un genitore (Glynnis Bohannon) si era ritrovato addebitate spese successive per centinaia di dollari in totale, nonostante al figlio, impegnato in un giochino in-app, come Ninja Saga, fosse stato concesso un solo acquisto, di 20 dollari, in Facebook Credits, la moneta virtuale del social. Diversamente, in un altro caso, un altro genitore (Steven Wright), si era ritrovato addebitati 1.000 dollari di spese nonostante non gli fosse nemmeno stata chiesta l’autorizzazione una tantum dal figlio, ottenendo il risibile rimborso di una cinquantina di dollari.

I processi poi si conclusero con i risarcimenti richiesti, e la modifica delle policy relativi a come affrontare casi del genere ma, ciò nonostante, l’ufficio stampa del Center for Investigative Reporting ha chiesto che vengano resi pubblici i dossier e le carte di quei casi, ed un giudice federale ha accontentato in parte la richiesta, visto che alcuni di quei file non avrebbero danneggiato commercialmente il social: da quanto già disponibile in Rete, messo a disposizione da Varity su Scribd, emerge che in Facebook i bambini coinvolti in spese eccessive in-app venivano chiamati “balene“, con un gergo in uso tra i croupier dei casinò, e che le disposizioni interne erano di negare qualsiasi rimborso, benché fosse chiaro che l’età media dei bambini che gioca sul social era notoriamente di 5 anni. 

Intanto, dopo l’intervento di Zuckerberg di inizio anno, con un bilancio di com’era andato il 2018 per la sua “creatura”, qualche settimana fa, un post ufficiale del social ha confermato l’intenzione di avviare una serie di pubblici dibattiti, pubblicizzati su Facebook, Instagram, etc, portati avanti grazie a vari esperti, sui timori, le sfide, e le prospettive della tecnologia, e su come internet (leggasi Facebook) possa concorrere nell’aiutare le persone a unirsi per affrontare – in un momento in cui le comunità fisiche locali si indeboliscono – quei problemi che, invece, richiederebbero forti collaborazioni su scala globale. 

Continua a leggere su Fidelity News