Stanca delle ingiustizie a cui assisteva quotidianamente, Frances Haugen, ingegnere informatico che per due anni ha lavorato alle dipendenze di Facebook, ha iniziato a raccogliere delle prove che ora ha intenzione di usare contro la sua ex società.
La “talpa” che rischia di creare un vero e proprio terremoto all’interno del gigante dei social media, una volta raccolta la documentazione necessaria l’ha consegnata al The Wall Street Journal e, non contenta, ha concesso anche un’intervista a 60 Minutes, programma tv della Cbs News. Qui, da ex addetta ai dati della società, la donna non ha avuto difficoltà a far presente che “Facebook ha sempre mostrato di preferire il profitto rispetto alla sicurezza degli utenti”. Di conseguenza è entrata in contatto con diversi senatori ed avvocati, presentando diverse denunce alla Sec, la Consob americana.
La “gola profonda” ha poi aggiunto che la società aveva adottato i doverosi sistemi atti a controllare la diffusione di notizie false. Tali misure sono state però allentate con le elezioni presidenziali del 2020. Ciò sarebbe avvenuto di proposito, come conseguenza di una strategia che ha dato maggior peso “alla crescita piuttosto che alla sicurezza”. Di fatto tale condotta avrebbe favorito non solo la diffusione di fake news, ma anche il diffondersi di messaggi su presunti brogli elettorali, agevolando al contempo l’assalto al Congresso dello scorso 6 gennaio.
Le accuse formulate non lasciano spazio a dubbi: mantenere gli algoritmi di sicurezza avrebbe reso il social meno appetibile per gli utenti, che spendendo meno tempo online, avrebbero anche cliccato con minor frequenza le inserzioni pubblicitarie. Nei fatti attuare questa strategia ha permesso di non far calare le entrate, ma come effetto collaterale ha aumentato l’odio e la disinformazione.
Grazie ai documenti raccolti dalla 37enne di professione product manager, il The Wall Street Journal ha potuto pubblicare delle inchieste da cui risulta che il social fosse consapevole dell’influsso negativo del suo operato sulla salute mentale dei più giovani. L’ex dipendente ha poi precisato di non essersi mossa con l’intento di accanirsi contro il gigante di Mark Zuckerberg, ma spinta dalla necessità di garantire la trasparenza. In una comunicazione interna, Facebook ha respinto le accuse definite come fallaci, asserendo di muoversi sempre con l’intento di “limitare, non per espandere i discorsi di odio, adottando politiche chiare che vietano contenuti che incitano alla violenza”.