Facebook, inteso come social network, nelle scorse ore ha incominciato ad avvertire i propri utenti sulla ventura rimozione di una poco nota funzionalità: nel frattempo, anche sugli orizzonti della nota piazza digitale del gruppo Meta, si addensano perturbazioni istituzionali non di poco conto.
La prima novità in ambito Facebook, emersa in vista del prossimo week-end, riguarda una funzione introdotta in sordina ben 7 anni fa, nel 2015 che, sul noto social, permette di impostare come avatar del profilo un video non più lungo di 7 secondi: a quanto pare, proprio tale funzionalità sembrerebbe essere agli sgoccioli. A darne conto sono stati sia alcuni utenti del social, che su Twitter e Reddit hanno lamentato la scomparsa dell’impostazione che permetteva per l’appunto di settare una mini-clip come rappresentante del proprio profilo, sia l’esperto di social media, Matt Navarra.
A quest’ultimo (come ad altri, ovviamente) Menlo Park ha recapitato una mail con la quale lo avverte del prossimo defalcamento di tale funzione, motivo per il quale viene consigliato di adottare un’immagine statica al posto del succitato video, pena la sostituzione d’arbitrio dello stesso – dal prossimo 7 Febbraio – con la cover del video. Al momento, tuttavia, non è stata fornita una motivazione ufficiale di tale dismissione funzionale, su cui però potrebbero aver pesato sia alcuni usi poco ortodossi dei video negli avatar dei profili, che una risicata adozione di tale funzione, della quale invero molti utenti non sono nemmeno al corrente.
Infine, come già avvenuto anche per la piattaforma controllata WhatsApp, una querelle istituzionale è capitata anche alla controllante Meta Platforms Inc. Nel Gennaio e nel Marzo del 2018, due utenti tedeschi citarono in tribunale Facebook per aver loro negato il diritto a usare sul social dei nomi falsi: il primo pronunciamento, in un tribunale di grado inferiore, diede loro torto, ma tale sentenza è stata appena ribaltata dal più elevato tribunale civile teutonico, la Corte federale di giustizia tedesca, secondo cui, purché il social conoscesse le reali identità degli utenti in questione, costoro potevano usare dei nomi di fantasia, sulla base di quanto assicurava loro il diritto sulla privacy in vigore all’epoca, cambiato solo di seguito, nel Maggio del 2018, con il varo del GDPR.
Ovviamente, anche in questo caso la risposta di Menlo Park non si è fatta attendere, sostanziata – secondo Bloomberg – in una critica alla sentenza, basata su un quadro giuridico obsoleto che, tra le altre cose, nega che “l’uso di nomi reali supporti l’autenticità e la responsabilità sulla piattaforma“.