Criptobufala. I Bitcoin sarebbero usati dall’Isis per auto-finanziarsi

Da un passaparola all'altro, alla fine è successo anche questo: è venuta fuori la bufala che la criptomoneta del Bitcoin sia lo strumento preferito dell'Isis per finanziare i suoi terroristi in giro per il mondo. In realtà le cose stanno diversamente

Criptobufala. I Bitcoin sarebbero usati dall’Isis per auto-finanziarsi

Il deepweb è una parte della rete internet popolata di siti e portali accessibili solo usando il protocollo criptato TOR e particolari browser attrezzati per lo scopo. In questa dimensione oscura della rete regna l’illegalità visto che è possibile acquistarvi documenti rubati o falsificati, droga e armi, semplicemente pagando tramite una criptomoneta irrintracciabile, i BitCoin.

Insomma, BitCoin è un elemento, da sempre, circondato da un’aura di mistero e di sospetto. Almeno secondo le istituzioni finanziarie ufficiali di mezzo mondo. Che finisse, prima o poi, al centro di una bufala a carattere cospirazionistico era solo questione di tempo e la cosa si è puntualmente verificata.

Tutto è iniziato, a esser precisi, quando il collettivo hacker Ghost Sec, verso la fine di Settembre, ha annunciato la sua mobilitazione anti-Isis: avrebbero cercato, ovunque, nella rete ufficiale e non, account potenzialmente legati al terrorismo islamico. In quell’occasione, ne trovarono uno, nel deep web: precisamente un wallet, o portafoglio digitale di bitcoin, sul quale pendevano più di una perplessità. Per questo motivo, i Ghost Sec passarono l’informazione al portale “dw.com” il quale avrebbe dovuto sviscerare la faccenda grazie all’impiego dei suoi analisti.

Alla fine dell’indagine/inchiesta, venne fuori che il wallet in questione era intestato a un proprietario “non chiaro”. Tutto qui. Quando, però, il portale di cui sopra pubblicò un articolo basato sugli esiti di questa caccia al terrorista finanziario, il testo risultava alterato. Nello specifico, l’articolo online presentava la dicitura “legata a un elemento terrorista”. Insomma era stato inserito un nesso che non risultava nell’indagine.

L’articolo in oggetto, poi, era stato corretto ma, intanto, la notizia di cui s’era fatto veicolo viveva di vita propria sulla rete. Il sito Newsbtc.com, assieme al portale Networkworld, ha sostenuto che, in rete, fosse stato trovato un fondo bitcoin connesso ai terroristi del 13 Novembre parigino. Nuove indiscrezioni pervenute per asserire la cosa? Nessuna. Fonti utilizzate? Dw.com che, come abbiamo visto, ha poi fatto mea culpa e il collettivo Ghost Sec che ha ufficialmente smentito la cosa.

E dunque? E’ capitato come nel gioco del passaparola. Un’eventualità, di orecchio in orecchio, è diventata una notizia certa, una notizia persino connessa alla strage parigina (nonostante tutto fosse iniziato quasi 2 mesi prima). Ora, è indubbio che l’Isis utilizzi anche criptomonete, forse persino Paypal ma il modo in cui finanzia le sue azioni terroristiche non ha bisogno di essere occultato, né nel deep web, né altrove. Il Daesh, infatti, finanzia i suoi kamikaze tramite il petrolio e le materie prime del suo territorio venduti, al mercato nero, a diversi paese, anche europei (o dell’area, come la Turchia di Erdogan).

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