In tempi di coronavirus, il consiglio che viene da più parti per contenere l’epidemia è quello di limitare gli spostamenti, ed evitare assemblamenti. Di conseguenza, le grandi multinazionali del web, presa consapevolezza della situazione, hanno iniziato ad organizzarsi all’insegna, ove possibile, dello smart working e, ovviamente, dell’automazione via intelligenza artificiale, con tutte le conseguenze del caso, ben rese note attraverso vari comunicati.
Google, nello specifico, ha premesso che, per alcune mansioni in cui è necessario per privacy un contatto diretto con dati sensibili (es. chi aiuta a recuperare un account hackerato o una password persa), sarà necessario continuare a recarsi in sede, sebbene ci si sia attivati per far sì che meno persone debbano recarsi fisicamente in ufficio concedendo loro una forma di accesso remoto.
Nello specifico caso di YouTube, la moderazione dei contenuti verrà affidata agli algoritmi che, però, essendo meno accurati del personale umano, potrebbero portare un maggior numero di errori, con più contenuti ambigui approvati o contenuti legittimi rimossi per errore, e tempi per i ricorsi, contro i contenuti rimossi, allungati sensibilmente.
Anche Twitter ha ammesso qualcosa del genere, precisando che, in questo periodo in cui farà maggiormente affidamento sul machine learning per la moderazione dei contenuti, i suoi sistemi di revisione potrebbero risultare meno efficienti degli standard abituali ma che, proprio per tale ragione, nei casi in cui la decisione sia maturata solo sulla base di una revisione digitale, non si procederà alla sospensione permanente di un account “incriminato”.
In un comunicato del 16 Marzo, anche Facebook ha preso posizione sul tema e, dopo aver premesso che, per varie ragioni, “certi lavori non possono essere fatti da casa“, ha aggiunto di essere comunque in contatto con i partner di terze parti che si occupano di revisione dei contenuti affinché lascino a casa i dipendenti a contratto. Ciò, anche nel caso del social in blu, comporterà un maggior ricorsi agli automatismi, con conseguenti possibili errori e allungamento dei tempi per rimediare, sebbene non in una misura troppo impattante per l’esperienza utente.