Il caso legato al forum sessista Phica ha acceso l’attenzione mediatica sulle dinamiche di gestione dei contenuti online e sulla protezione dell’immagine personale. Al centro della vicenda c’è un uomo conosciuto con i nickname Boss Miao o Phica Master, identificato come il punto di riferimento per le donne che chiedevano la rimozione di foto e messaggi dal sito, ora chiuso.
La figura di Boss Miao emerge come intermediario, con un ruolo di coordinamento tra le segnalazioni e la rimozione dei contenuti, ma con modalità economiche che hanno suscitato grande clamore. Secondo quanto riportato da Fanpage, Boss Miao gestiva un vero e proprio tariffario per la rimozione dei contenuti, con pacchetti che andavano dai 250 fino a 1.000 euro al mese e la possibilità di pagare in base alle ore impiegate, arrivando anche a 2.300 euro.
Per garantire la rimozione, era necessario fornire una delega firmata e documenti identificativi, autorizzando esplicitamente la procedura di protezione dell’immagine online. L’uomo, secondo quanto dichiarato, non percepiva direttamente questi pagamenti, che sarebbero stati destinati ad altre figure indicate come “operatori”, con cui collaborava per individuare e cancellare i contenuti.
I metodi di pagamento accettati comprendevano Bitcoin (quindi criptovalute non tracciabili), PayPal e bonifico istantaneo. Le transazioni via PayPal, effettuate con il metodo “amici e familiari” (esenti da tariffe e che “non rientrano nella Protezione acquisti PayPal“), erano indirizzate a una donna di nome Giulia, mentre i bonifici erano destinati a Giada.
Queste due persone, definite “avvocate” secondo alcune fonti, non risultano iscritte all’ordine professionale. Il sistema prevedeva anche la possibilità di inserire i nomi in una blacklist per impedire la creazione di nuove discussioni con lo stesso nome, aumentando il controllo sui contenuti pubblicati.
Boss Miao ha dichiarato di collaborare da oltre vent’anni con la polizia postale, sostenendo di agire nell’ambito di un’attività di rimozione dei contenuti e di non considerarsi responsabile per lo scandalo legato al sito Phica. La vicenda ha comunque evidenziato la complessità della gestione della reputazione online e l’importanza di procedure chiare e trasparenti per la tutela dei dati e dell’immagine personale.
Nonostante le dichiarazioni del diretto interessato, l’inchiesta ha messo in luce come la gestione economica di queste rimozioni e il coinvolgimento di intermediari privati possano generare dubbi e criticità, aprendo dibattiti sul confine tra intervento legittimo e pratiche potenzialmente problematiche. La chiusura del sito e le indagini in corso rappresentano un passo verso una maggiore tutela degli utenti e una gestione più sicura dei contenuti online, ma lasciano aperte questioni sul ruolo degli intermediari digitali e sulle modalità di protezione dell’immagine personale.
Dietro Phica.eu: il profilo dell’amministratore
Il gestore del sito Phica.eu, secondo le indagini, sarebbe Vittorio Vitiello, nato a Pompei e attualmente 45enne. Vitiello risulterebbe anche proprietario della società Lupotto Srl, attiva in Italia nel settore delle campagne pubblicitarie sui social attraverso influencer. Approfondendo il profilo dell’amministratore, gli inquirenti hanno collegato la sua identità a quella di un certo “Vittorio”, la cui data di nascita coincide con quella di Vitiello, e ai nickname utilizzati online come “Boss Miao” e “Phica Master”. Questi elementi contribuiscono a delineare un quadro chiaro del soggetto dietro la gestione del portale, evidenziando come la sua attività online sia intrecciata a un contesto imprenditoriale legato alla promozione digitale.
Sul portale, ormai non più accessibile, il 2 settembre era comparso un comunicato in cui l’amministratore si difendeva dalle presunte accuse di estorsione, affermando di essere stato oggetto di articoli e inchieste di diversi giornali, tra cui FanPage. Il messaggio richiamava un episodio risalente alla fine del 2023, quando un utente aveva chiesto la rimozione di un contenuto pubblicato da una persona iscritta a OnlyFans.
La vicenda di Boss Miao e Phica è un esempio significativo delle sfide attuali nella protezione dell’identità digitale e della necessità di strumenti efficaci e trasparenti per la rimozione dei contenuti indesiderati, evidenziando come il mondo online richieda attenzione e regolamentazioni precise per salvaguardare i diritti degli utenti.