Nell’Ala Sud del MiCo, Milano Congressi, è oggi iniziato lo Iab Forum 2015, la più importante convention nazionale sul tema della comunicazione digitale che ha fornito cifre e dettagli sul contributo di internet alla pubblicità e sulle nuove emergenti tendenze come la profilazione e l’advertising of things. Andiamo con ordine.
Le cifre presentate nella prima giornata dello IAB Forum 2015 sono di quelle confortanti per quanto concerne l’internet advertising: il mercato della pubblicità online cresce per il settimo anno di fila, segnando la doppia cifra del 10% rispetto al 2014 che, in cifre assolute, si traduce in un incremento di 202 milioni di euro. Tenendo conto che l’intera torta pubblicitaria ammonta attualmente a 7,2 miliardi di euro – conteggiando anche la tv, la radio ed i giornali – la sola fetta “internettiana” vale 2,15 miliardi di euro, ovvero un terzo (il 30%) di tutto il ricavato pubblicitario massmediale.
A contribuire ai buoni risultati dell’online advertising che, per l’anno venturo, ci si attende di raddoppiare con una percentuale del 20%, sono stati il settore del mobile advertising che ha spinto per il 90% del risultato globale, i social network che hanno portato a un’impennata del 63% ed il formato dei video che hanno fornito supporto per il 19%. Sempre costanti ed evergreen si sono dimostrate poi le pubblicità legate alle query nei motori di ricerca con il loro apporto del 5%.
Il risultato in questione, come emerso anche dalle parole di Carlo Noseda, presidente di Iab Italia, è doppiamente gratificante perché denota un settore particolarmente vivo in un contesto, quello pubblicitario, non molto vitale, e perché il dato in questione va anche paragonato con lo scenario americano dove il contributo dell’online è attestato al 35%. Unico neo? Dopo 7 anni di crescita consecutiva ci si aspettava un boom, un big moment, che non c’è stato ma “in archivio andava messo un leggero rallentamento”.
Tra le tendenze pubblicitarie, legate al mondo online, vanno segnalate, infine, la profilazione e l’advertising of things. Nello specifico il messaggio pubblicitario non è più generalizzato ma vede protagonista l’utente con i suoi interessi e i suoi stili di vita: in tal senso i social network sono delle vere e proprie miniere di profilazioni che avrebbero fatto invidia ai “Caratteri” di Teofrasto. Basta dimostrare le proprie preferenze con qualche like, o condivisione, basta aderire a qualche campagna di sensibilizzazione per rientrare in un profilo anziché in un altro.
Da qui all’advertising of things il passo è breve: entro il 2020 vi saranno 212 miliardi di oggetti connessi nel mondo, e ogni cosa attorno a noi sarà smart. Pensate a cosa succederebbe entrando in un negozio: ci troveremmo offerte le promozioni che riguardano precisamente noi solo perché, ad esempio, abbiamo creato una particolare wish list su Amazon o messo determinati like in qualche Local Market di Facebook!