Le vacche sacre non sono solo una prerogativa dell’Induismo, simbolo di fertilità, di abbondanza e di generosità della terra, ma sono intoccabili anche le vacche della ‘ndrangheta. Così come i bovini indiani possono aggirarsi indisturbati nel soffocante traffico delle piccole e grandi città, circondate da un atteggiamento rispettoso, anche i bovini calabresi possono pascolare allo stato brado in particolari aree della regione.
A denunciare questo strano fenomeno è Vittorio Brumotti, inviato di Striscia la Notizia, che ha fatto tappa a San Luca, in provincia di Reggio Calabria, a bordo della sua immancabile bicicletta, accompagnato dal Corpo Forestale dei carabinieri che pattugliano costantemente il territorio proprio su due ruote.
L’origine delle vacche sacre in Calabria sembrerebbe risalire al 1971, a causa della faida di Cittanova, paese della Piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria che vedeva fronteggiarsi le ‘ndrine dei Raso e dei Facchineri il cui bestiame, non potendo più essere gestito, tornò a vivere allo stato brado, causando danni alle proprietà private e addirittura pericolosi deragliamenti di treni. Nel marzo del 1989 i carabinieri tentarono di catturare, insieme all’Aima ed a funzionari del ministero dell’agricoltura le vacche presenti allo stato brado, riuscendo a catturarne solo 26. I recinti in cui furono poste furono poi distrutti da sconosciuti che fecero quindi tornare in libertà il bestiame.
Un fenomeno analogo si registra in Colombia, dove gli ippopotami di Pablo Escobar Gaviria, il famoso “re della cocaina” affollano il Rio Magdalena. Il capo del cartello di Medellín aveva una vera e propria passione per gli animali esotici, ospitati nella villa “Hacienda Napoles”, e collocati dalle autorità nei diversi zoo, tranne gli ippopotami del criminale considerato il “Robin Hood” dei poveri che riuscì ad affascinare anche la popolare giornalista Virginia Vallejo.
Al termine del servizio del Tg satirico, Vittorio Brumotti raggiunge il Santuario della Madonna di Polsi, dove storicamente gli affiliati delle ‘ndrine stringevano il suggestivo patto di sangue, bruciando il santino di San Michele Arcangelo per giurare eterna fedeltà alla cosca.