"SanPa", il documentario Netflix getta l’ennesima ombra su Vincenzo Muccioli, fondatore di San Patrignano

La Comunità si dissocia dalla docu-serie in cinque puntate prodotta dalla regista Cosima Spender. Insorgono gli eredi di Muccioli: "Data voce solo ai detrattori, i processi li hanno smentiti"

"SanPa", il documentario Netflix getta l’ennesima ombra su Vincenzo Muccioli, fondatore di San Patrignano

Li recuperava dalla strada quando erano ormai ridotti a degli zombie e li disintossicava dalla droga, la grande piaga che nel anni Settanta e Ottanta lastricava le strade delle città italiane di morti per overdose. Per tutti era un santone, un benefattore, quasi un santo, ma poi le vicende giudiziarie gli conferirono un alone di tenebre.

Parliamo di Vincenzo Muccioli, fondatore della comunità di San Patrignano, la struttura di recupero di tossicodipendenti più grande d’Europa. Il documentario prodotto da Netflix, e divulgato in centonovanta Paesi, ripropone invece l’immagine di un uomo che sembrava essere interessato più ai soldi che al recupero dei tossicodipendenti. Un avventuriero finito a capo di un impero finanziario costruito grazie alla montagna di denaro che giungeva a lui attraverso le donazioni e i finanziamenti di enti pubblici e privati.

Il documentario “SanPa” ripropone le vicende più oscure della comunità di San Patrignano. Vicende costellate di abusi, violenze, torture, delitti, come la morte di Roberto Maranzano, l’ex tossicodipendente ucciso a botte e scaricato in una discarica in Campania. Per quel delitto furono condannati due dirigenti della comunità, mentre Muccioli fu processato e condannato per favoreggiamento, poiché che aveva preferito non denunciare.

Il risultato finale del documentario è una ricostruzione da cui l’immagine di Muccioli esce letteralmente a pezzi. Un uomo all’epoca osannato dai media, pluripremiato dalla politica, intervistato dalle televisioni, e finito nel tritacarne giudiziario per cronache nere che nessuno osava anche solo sospettare.

Gli eredi di Muccioli protestano, definiscono il film dannoso per la reputazione della comunità. La regista Cosima Spender, che ha prodotto il documentario dopo aver raccolto notizie e testimonianze, viene accusata di avere dato voce solo a chi era disponibile a sostenere la tesi di una struttura dai metodi brutali, dove l’obiettivo del recupero era perseguito violando tutti i diritti di chi approdava in quel luogo con la speranza di rinascere a nuova vita e si ritrovava invece legato con le catene in una cella.

L’unica voce che si leva a difendere la storia di Muccioli è la testimonianza del giornalista e conduttore Red Ronnie. Ma di tutta la vicenda di San Patrignano resta solo il lato oscuro. Come quello di una intercettazione dove Muccioli, parlando di un ospite scomodo, dice: “A quello lì bisogna sparargli… due grammi di eroina, un po’ di stricnina”. Questo era anche Muccioli. Un santone diventano alla fine un santino.

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