EPCC a Teatro, il geniale monologo di Valerio Mastandrea che ha commosso tutti: "I figli ti invecchiano"

Nella trasmissione di Cattelan su Sky Uno, "Epcc a Teatro", Valerio Mastandrea si è reso protagonista di un monologo, scritto da Mattia Torre, che tutti i genitori dovrebbero ascoltare.

EPCC a Teatro, il geniale monologo di Valerio Mastandrea che ha commosso tutti: "I figli ti invecchiano"

Alessandro Cattelan ha ospitato Valerio Mastandrea nella sua trasmissione su Sky Uno “Epcc a Teatro“. Con grande maestria, l’attore ha recitato un monologo, scritto da Maria Torre, che ha commosso tutto colori che lo hanno ascoltato. Incentrato sul ruolo del genitore, ha saputo descrivere per filo e per segno, questo complicato ruolo, senza cadere nella banalità.

E allora ecco che inizia il viaggio nel percorso più bello, ma più impervio di una persona: diventare mamma o papà. Tra gioie, dolori, rimpianti e nuove consapevolezze, Mastandrea ci prende per mano in questo tour di emozioni e sorrisi, a tratti esilarante. Impossibile, per tutti i genitori, non riconoscersi in tanti – se non in tutti – i vari aspetti di questo monologo.

Il commovente e geniale monologo di Mastandrea

I figli ti invecchiano perché passi le giornate curvo su di loro e la tua colonna vertebrale assume quella postura, perché parli lentamente affinché ti capiscano e quindi sembri rallentato, perché ti trasmettono malattie che il loro sistema immunitario sconfigge in pochi giorni e il tuo in settimane, perché ti tolgono il sonno per sempre” così esordisce questa cronaca/racconto dell’essere genitori.

Assonnato, curvo, lento e acciaccato: sei della terza età”, poi parte un excursus di tutte le cose che saranno perdute per sempre dopo l’arrivo di un bebè: “la stagione degli aperitivi,feste e possibilità che ti sembravano il senso stesso della vita”. Mastandrea non lascia nulla all’inesplorato e spiega come i figli si appropriano della mente dei genitori, insinuandosi nei loro pensieri fino a portarli ad una sorta di circolo vizioso: “Se sei con loro ti soffocano, se non ci sono ti mancano“.

In questi termini, spiega l’arrivo del secondo figlio, un momento che – secondo Mastandrea – può essere spiegato solo così: “Con il primo ti illudi ancora di avere una vita, nove mesi dopo che è nato il tuo secondo figlio, il tuo appartamento è un 41bis”. I primi problemi di coppia, il dimenticarsi delle uscire serali: “Ma poi quando riesci a uscire grazie alla baby sitter, ti rendi conto che il mondo non è più lo stesso, non fa più per te. La gente è vitale, allegra e tu ti aggiri con lo sguardo perso e vuoi solo tornare a casa”.

Mastandrea conclude il suo viaggio nelle emozioni rivelando, senza perdere la sua graffiante ironia, la vera essenza dell’essere genitori, lo stato di grazia che si vive avendo intorno quei frugoletti combinaguai: “Ti fanno ripiombare che manco l’ipnosi, nel tuo passato: l’odore degli alberi prima di entrare a scuola, la catena sporca della bici, le ginocchia sbucciate. Questi ricordi sono la mazzata finale, i gin tonic hanno smesso di darti l’illusione dell’eternità. Ma il tuo cuore non è mai stato così grande”.

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