Benelli, giornalista di Quinta colonna licenziato da Mediaset: “Del Debbio sapeva tutto”

In un'intervista al Tempo Fulvio Benelli, il giornalista licenziato da 'Quinta colonna', dà la sua versione dei fatti sul servizio del furto d'auto: "Non ho pagato soldi e non ho taroccato nulla"

Benelli, giornalista di Quinta colonna licenziato da Mediaset: “Del Debbio sapeva tutto”

E’ il turno di Fulvio Benelli, il giornalista di Quinta colonna licenziato in tronco da Mediaset, che racconta la sua versione dei fatti: in sostanza, Paolo Del Debbio (conduttore di Quinta colonna) sapeva tutto, e soprattutto l’inviato del programma non ha pagato nessuno per la realizzazione del servizio.

Durante un’intevista al Tempo, Fulvio Benelli spiega: “A questo ragazzo ho offerto al massimo un pranzo da McDonald’s. Anche Striscia si è dissociata dicendo che ‘è lui a parlare di soldi’”, per poi continuare: “Tutto inizia nei primi giorni di aprile. Mi trovo in provincia di Treviso, quando ricevo una telefonata di Mario Giordano, direttore del Tg4. È il giorno dopo l’uccisione di 148 studenti in Kenya. Vuole che vada a cercare islamici moderati e radicali e realizzi un vox populi.

Quindi, racconta Benelli, a Mestre gli si avvicina un ragazzo, che chiede espressamente di essere intervistato, dicendogli di essere tunisino, e che l’Islam fa bene a uccidere gli infedeli. A quel punto Benelli, sentendo odore di buon servizio, dà il numero al ragazzo e spiega la situazione alla sua redazione, raccontando: “Dice che può raccontarmi come i rom truffano le persone e rubano le macchine“.

Dopo aver ottenuto l’assenso, viene mandato a Mestre, dove incontra l’uomo che si offre di rubare una macchina per dimostrargli come ‘lavora’, ma Benelli non vuole rendersi complice di un reato, e così decide di inscenare un finto furto alla macchina del suo operatore: “L’accordo era che Paolo Del Debbio avrebbe dovuto che nessuna macchina era stata rubata, e che il nostro intento era solo quello di ‘educare’ i cittadini mettendoli in allerta su questo tipo di truffe. Ma non lo fece.

Poi arriva il licenziamento: All’inizio sono rimasto choccato. Ho chiesto di poter parlare con Antonio Ricci ma mi hanno sconsigliato di farlo. Nel comunicato dell’azienda si accredita la versione che si tratti di un finto rom e di un finto truffatore. Chiedo spiegazioni ma non ne ricevo. Nella lettera di licenziamento si dice addirittura che io abbia ammesso le mie colpe. Ma quando? Non mi hanno voluto nemmeno sentire. Ora andrò in tribunale a far valere le mie ragioni. Non ho pagato soldi e non ho taroccato nulla.

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