Threads, la censura di Meta sui termini sensibili fa discutere

Threads, il nuovo social media di Meta, blocca la ricerca di termini sensibili come Covid e sesso. Meta dice che è una misura temporanea per prevenire la disinformazione, ma molti utenti criticano la scelta come una forma di censura e una soluzione inefficace.

Threads, la censura di Meta sui termini sensibili fa discutere

Threads è il nuovo social media lanciato da Meta, la società che ha cambiato nome da Facebook, con l’obiettivo di offrire una piattaforma alternativa a Twitter. Threads si propone come uno spazio per condividere pensieri, opinioni e informazioni in modo rapido e semplice, usando dei brevi messaggi chiamati “threads”.

Threads è disponibile da pochi mesi e solo in alcuni paesi, tra cui Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Australia e Nuova Zelanda. Tuttavia, il lancio di Threads non è stato esente da polemiche, soprattutto per quanto riguarda la sua funzione di ricerca. Infatti, molti utenti hanno scoperto che la ricerca di Threads blocca numerosi termini che potrebbero essere considerati sensibili o controversi, ma che non violano le regole della piattaforma. Tra questi termini ci sono parole legate al Covid, come, ma anche parole legate al sesso.

Inoltre, la ricerca di Threads blocca anche termini legati alla violenza. Quando si cerca uno di questi termini, la ricerca di Threads non restituisce alcun risultato e mostra invece un link al sito web dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC), l’agenzia sanitaria statunitense che si occupa di prevenire e controllare le malattie infettive. Il link è accompagnato da un messaggio che dice: “Stiamo lavorando per migliorare la qualità dei risultati della ricerca. Nel frattempo, visita il sito web dei CDC per informazioni affidabili sul Covid-19“.

Meta ha spiegato che la decisione di bloccare questi termini è temporanea e mira a prevenire la diffusione di informazioni false o dannose sulla sua nuova piattaforma. La società ha dichiarato di voler eliminare le restrizioni quando sarà sicura della qualità dei risultati e di aver implementato dei meccanismi per contrastare la disinformazione e i contenuti nocivi.

La scelta di Meta è stata però criticata da molti utenti e da alcuni esperti, che l’hanno ritenuta una forma di censura ingiustificata e controproducente. Alcuni hanno sottolineato che il blocco di questi termini limita la libertà di espressione e il diritto all’informazione degli utenti, impedendo loro di accedere a fonti diverse e plurali su argomenti importanti e attuali. Altri hanno evidenziato che il blocco di questi termini potrebbe avere effetti negativi sulla salute pubblica e sulla prevenzione, rendendo più difficile per gli utenti trovare informazioni utili e consigli su temi come il Covid, il sesso e la violenza.

Inoltre, alcuni hanno messo in dubbio l’efficacia della soluzione adottata da Meta, ritenendola troppo semplicistica e arbitraria. Hanno fatto notare che il blocco di questi termini non impedisce agli utenti di usare sinonimi o termini alternativi per cercare o diffondere informazioni false o dannose. Hanno anche osservato che il blocco di questi termini non tiene conto del contesto in cui vengono usati, penalizzando anche gli utenti che vogliono usare la piattaforma per scopi educativi, informativi o divertenti. Infine, alcuni hanno accusato Meta di aver lanciato Threads senza averlo testato adeguatamente e senza aver investito abbastanza risorse nella moderazione dei contenuti. Hanno ricordato che Meta ha già affrontato in passato delle polemiche simili con altre sue piattaforme, come Instagram e Facebook, dove la funzione di ricerca ha spesso mostrato risultati problematici o inappropriati. Hanno quindi chiesto a Meta di essere più trasparente e responsabile sul funzionamento della sua nuova piattaforma e di garantire agli utenti una maggiore protezione e qualità dell’informazione.

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