I messenger, quanto meno quelli più diffusi, vengono spesso utilizzati per informarsi e tenersi in contatto con i propri amici e familiari e, in virtù di questi utilizzi, purtroppo, sono spesso usati anche per veicolare attacchi informatici, o semplici bufale. È il caso di una recente fake news, con target femminile, che – circolante su WhatsApp negli ultimi giorni – metterebbe in guardia dal pericolo di ammalarsi di cancro a causa dell’uso di alcune particolari marche di rossetto.
La bufala in questione, diffusa da account femminili, risalirebbe addirittura al 2003, quando venne individuata dal portale di verifiche “Snopes”, ed è poi riapparsa una seconda volta intorno al 2008, quanto se ne occupò il debunkologo Paolo Attivissimo. Secondo il testo di quest’alert, alcuni rossetti “persistenti” (di cui verrebbero citati i brand) durerebbero più a lungo a causa del loro alto contenuto di piombo, capace di far ammalare di cancro: per verificare la presenza del metallo nel proprio rossetto, sarebbe addirittura possibile effettuare una “prova della massaia”, sfregando un anello d’oro su una striscia di rossetto stesa sul palmo della mano. Naturalmente, come nelle migliori bufale della tradizione, non mancherebbe una parte “virale”, con l’invito a mettere in guardia le proprie conoscenze di sesso femminile (mogli, fidanzate, sorelle, mamme, etc).
Il problema di questo appello è che, appunto, riguarda un qualcosa di non veritiero. Il piombo, infatti, causa tante cose (danni celebrali e all’udito, problemi di crescita e iperattività) ma non il cancro: tra l’altro, in Europa (Direttiva Cosmetici 76/768/CEE) i cosmetici non possono contenerne dal 1976 (tranne impurezze “tecnicamente inevitabili“) e, negli USA, sono presenti quantità ben al di sotto dei limiti di sicurezza concessi per legge.
Volendo essere pignoli, poi, vi sono altri prodotti – con i quali si viene in contatto ogni dì – che hanno un maggior quantitativo di piombo, basti pensare alle vecchie tubature dell’acqua, alle vecchie vernici mentre – tra i cosmetici, ad esempio – è il caso del kajal.
Altre prove di quanto questa notizia sia una vera e propria bufala consistono nell’inutilità della prova della massaia proposta, nel fatto che la lunga persistenza di taluni rossetti non deriverebbe dalla presenza di piombo, nella diffusione di foto recanti episodi di herpes labiale, e nella circostanza che porta sempre a cambiare, a tappe regolari, il nome dei medici esperti che si farebbero garanti di questo avviso, come pure il nome del metallo coinvolto (in alcuni casi sostituito dal mercurio).
Considerando che molti dei profili all’origine della bufala hanno YR (Yves Rocher) nel nome, è probabile che qualche fan o promoter senza scrupoli del noto brand, all’oscuro di questa macchinazione, abbia pensato di danneggiare la concorrenza a suon di spam, dimenticando – però – che dietro l’angolo è forte il pericolo di rimediare una denuncia per diffamazione (ragion per la quale, non fate circolare la bufala).