Aptoide: pubblicati online i dati personali di milioni di utenti registrati

Gli utenti registrati su Aptoide si sono visti pubblicare online i propri dati personali da parte di un hacker, insieme agli indirizzi IP di ognuno. Sono disponibili in un file consultabile.

Aptoide: pubblicati online i dati personali di milioni di utenti registrati

Aptoide è molto utilizzata tra gli utilizzatori di smartphone Android, sia per la facilità con la quale si reperiscono alcune applicazioni, spesso gratuite che invece sono a pagamento sul PlayStore, sia perché consente di trovare app che sul PlayStore risultano incompatibili con il proprio dispositivo. È uno store alternativo che, nel bene o nel male, conta diversi milioni di utenti. 

Proprio i dati personali di coloro che si sono registrati su Aptoide, però, sono stati pubblicati online da un hacker e la privacy dei suddetti è dunque ampiamente violata. 

Aptoide: online il documento con tutte le credenziali e gli indirizzi IP

Ad essere condivisi in rete non sono solo le mail e le password utilizzate su Aptoide, ma anche gli indirizzi IP. Con un bravo hacker, sarebbe dunque possibile anche riuscire a rintracciare l’abitazione di quel preciso utente. Un affare non di poco conto. L’hacker responsabile della pubblicazione online fa sapere che ha i dati di circa 39 milioni di utenti, tutti registrati tra il 21 luglio 2016 e il 28 gennaio 2018. 

Aptoide non ha ancora rilasciato un comunicato in risposta a tale attacco e a tali notizie diffuse in rete. È molto probabile che domani arrivi la risposta definitiva. Addirittura in passato, Aptoide era stato un ottimo candidato per sostituire il PlayStore negli smartphone e tablet di Huawei e Honor, a seguito del ban di Trump in America.

Nel 2018, Aptoide indentò anche una causa contro Google, accusandola di aver rimosso dal PlayStore l’app ritenendola al pari di un malware. Proprio per quest’ultimo motivo, l’applicazione aveva perso ben 2 milioni di utenti in un lasso di tempo di circa 60 giorni. Tra i dati rubati ci sono anche i token legati agli account degli sviluppatori dell’app stessa. Insomma, l’hacker si è trovato di fronte un database con un numero spropositato di informazioni personali.

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