Marco Mengoni, a San Siro emoziona non solo con la musica: "A me fa più male l’indifferenza"

Marco Mengoni ha portato lo stadio di San Siro in una dimensione di eleganza e stile, grazie a due ore di canzoni piene di emozioni durante le quali c'è staro spazio anche per profonde riflessioni: ecco nel dettaglio.

Marco Mengoni, a San Siro emoziona non solo con la musica: "A me fa più male l’indifferenza"

Sold out ormai da mesi, il concerto tanto atteso di Marco Mengoni non ha deluso. La sua musica è riuscita a emozionare le 54mila persone accorse per lui e che hanno avuto modo di assistere non solo ad una grande performance musicale, ma anche ad un monologo emozionante durante cui Mengoni si è aperto completamente con i suoi fan. Onestà di sentimenti, questo ha sempre contraddistinto il cantautore che, dopo la vittoria a “X Factor” nel dicembre 2009, ha avuto sempre un rapporto sincero con i suoi fan che lo hanno ripagato con lo stesso affetto e con la stessa stima.

Si inizia con “Cambia un uomo“, quando Mengoni si mescola alla platea tra le lacrime saluta il suo pubblico di nuovo presente dopo: “due anni, sei mesi e un giorno dall’ultima data di Atlantico tour“. Da lì in poi, un viaggio nella sua musica, con brani che hanno segnato il suo successo, così si passa dalla cover “Psycho Killer” dei Talking Heads, fino ad arrivare a “L’Essenziale” che nel 2012 lo ha visto vincere il Festival di Sanremo.

Marco Mengoni ritorna sul palco a San Siro

Tredici anni di carriera intensi, percorsi con eleganza e passione, fino ad arrivare al brano forse più famoso “In Un Giorno Qualunque“, riproposto con tastiere e chitarre. “Pronto a correre”, “Io Ti Aspetto” e “Buona Vita” hanno concluso questo meraviglioso viaggio, e non sono mancati lanci di coriandoli e stelle filanti.

La sensibilità di Mengoni ha fatto sì che ci fosse spazio anche per altri tipi di emozioni, oltre a quelle arrivate grazie ai suoi brani: “Dipende da chi dice una parola e da come la dice, ma quella che a me fa più male è indifferenza. Anche razzismo. Ho pensato alla parola, al come porsi all’altro, soprattutto dopo questi due anni. Ho cercato quelle parole che vorrei togliere dal vocabolario perché sono collegate a gesti e atti. L’idea è arrivata dopo aver visto un’intervista in cui Goran Bregovic diceva che nella sua lingua la parola tolleranza non esiste. Io conto non fino a dieci ma fino aventi prima di parlare. Sui social invece c’è la tendenza a spa*are proie**ili verbali che arrivano alla sensibilità degli altri” .

Conclude sottolineando l’importanza di mettersi sempre nei panni degli altri, facendo tesoro delle nostre esperienze passate: “L’esperienza dovrebbe impedirci di infliggere a qualcuno la sofferenza che abbiamo subito. Mi sa che la vita è solo tempo per provare a capirci qualcosa, io non so se sono a buon punto, ma per la prima volta non mi fa paura“.

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