Beppe Carletti, colui che nel 1963assieme ad Augusto Daolio fondò il gruppo Nomadi, sorridendo afferma “Se una buona volta quei maledetti Rolling Stones si decidessero a sciogliersi la band più longeva del mondo diventeremmo noi Nomadi”.
Beh, gli Stones non hanno nessuna intenzione di mollare così come i Nomadi. Questi ultimi, infatti, il prossimo lunedì escono con il nuovo album, Lascia il segno, e tra un mese potremo ascoltare anche uno dei singoli estratti da questo: Non c’è tempo da perdere, caratterizzato da una ritmica forte, un basso incalzante e la voce del nuovo componente Cristiano Turato.
Il disco è il primo album interamente autoprodotto dalla band, curato nei minimi dettagli: proprio il titolo, Lascia il segno, è una sorta di invito a non assumere un atteggiamento passivo nei confronti della vita. L’album uscirà assieme ad un piccolo calendario pieghevole in cui ci sono segnate, per ogni mese dell’anno, tutte le date storiche dei Nomadi (a partire dal giorno di nascita di ogni singolo artista fino agli incontri più importanti, come quelli con il Papa e il Dalai Lama) ed è allegato anche un libretto di fotografie.
La trama del videoclip del singolo, Non c’è tempo da perdere, è ambientata a Milano: una giornata qualunque, un incontro tra esistenze forse assopite nel caos cittadino. Al cielo grigio va a contrapporsi la luce diversa con cui bisogna guardare il mondo che ci circonda, rifacendosi al testo della canzone stessa. La produzione è stata affidata alla Moom con la collaborazione di Monetti, Omboni, Murrighili e altri.
I Nomadi, si sa, rendono meglio dal vivo nelle piazze poiché sono persone comuni, gente di popolo: hanno fatto tour con più di cento date all’anno tra cui il festival di Novellara in cui viene ricordato Daolio, morto nel 1992.
Dice Carletti “Anche da questo si vede che sono vecchio, perché sono stato ragazzo in un periodo in cui i cantanti erano in perenne tour. Non serviva un disco nuovo: le serate erano a ciclo continuo. Ci aggiunga che il profumo del palco è uguale a una droga. Mia moglie dice che morirò lì, e forse ha ragione. Per questo tanto di cappello al mio amico Francesco Guccini, che ha avuto il coraggio di smettere quando ha pensato di non farcela più”.