È uscita il 4 giugno la nuova fatica letteraria di Giuseppina Torregrossa. Il titolo è Stivali di velluto ed è pubblicato dalla Rizzoli (pag. 160), collana Novelle nere. Le pagine di questa storia sono state contestualizzate in una città con lo sguardo rivolto al futuro, Palermo. Le sue case e vie fungono da quinte per supportare i colori di una narrazione che, comunque, tendono soprattutto all’umbratile, alla penombra.
Sicuramente Palermo non è un luogo, in questo libro, che si limita a essere un mero scenario. Il suo ruolo, anzi, spinge al protagonismo. Il lettore la scoprirà in un’inedita nuance di città languida e irresistibile; pur non dimenticando le proprie antiche tradizioni dotate di robuste radici. In definitiva, un posto geografico ma anche un luogo dove l’amore è ancora conosciuto come capace di sanare le ferite dell’anima.
L’antefatto
In un ufficio delle Poste, si è a Palermo, nel 1977, un uomo è rinvenuto deceduto. Si tratta del direttore. Il suo corpo è insanguinato, l’impiegata urla. I poliziotti della Mobile esaminano l’ufficio. È uno di quei casi che sembrano di difficile soluzione. La Mobile ha a disposizione alcuni dati, pochi. Tra questi vi sono una cassaforte dalla quale mancano dieci milioni di lire. Dell’oggetto del delitto non si sa niente, nessuna traccia.
Gli inquirenti che seguono il caso non ci pensano due volte ad archiviare il caso. Così, fra i tanti stipati negli scaffali della Commissariato, è aggiunto un nuovo faldone che tratta di un crimine finita male. Passano cinquant’anni, sulla scrivania di una giovane ispettrice e profiler arriva la richiesta di riaprire il caso.
Lei è Giulia Vella e deve, quindi e secondo l’ordine che arriva dall’alto, scoprire chi si nasconde dietro il caso delle Poste che non ha mai avuto un responsabile da mettere nei titoli di apertura dei telegiornali. La donna arriva da Milano. È giunta a Palermo con il suo grado e, soprattutto, con segreti personali che non ha mai fronteggiato e con i quali è costretta a fare i conti. L’ispettrice lascia il nord per approdare in una città isolana che, confrontata con le architetture fra le nebbie delle sue origini – che sono anche e soprattutto, foschie della sua psiche – la mette in uno stato d’animo sconosciuto. Palermo, che a tratti pare quasi irreale, la ingoia.