Nel narrare le vicende de Il Signore degli Anelli, J.R.R. Tolkien (Bloemfontein, Sudafrica 3 gennaio 1892 – Bournemouth, Inghilterra, 2 settembre 1973) aveva uno scopo ben preciso: creare per la sua patria inglese un retroterra mitologico, un mondo fantastico che fungesse da substrato in cui inserire e coltivare i valori e le storie dell’antichità.
Ne è emerso un libro grandioso, il cui pregio maggiore è quello di far sentire il lettore come parte di quel mondo, di cui è possibile respirare l’atmosfera, vivere gli ampi spazi e le emozioni: al termine della lettura, si appartiene alla Terra di Mezzo.
Seppur classico nella struttura narrativa, l’universo tolkeniano non si limita a descrivere le avventure di uomini, elfi e hobbit, ma ne affronta la cultura, ne recita le poesie e le canzoni, ne mostra la scrittura; Tolkien, in sostanza, non ha inventato una storia in cui inserire alcuni elementi delle culture dei popoli da lui creati, ma ha prima dato vita alle culture dei popoli stessi, da cui poi ha fatto emergere la storia.
Questo aspetto si può apprezzare leggendo le appendici poste al termine del libro, un po’ ostiche, ma di grande interesse per comprendere quanto Tolkien desse importanza alla parola, al nome di persone e cose, al loro suono; per l’autore, la forma diviene sostanza.
La trama del libro, soprattutto dopo la trasposizione cinematografica (non fedelissima, ma visivamente perfetta) è nota ai più: l’antico Signore dell’Oscurità, Sauron, sconfitto nel passato dall’alleanza tra uomini ed elfi, è tornato. Con lui ricompare anche l’unico Anello, in cui Sauron aveva riposto tutto il suo potere, che si credeva perduto secoli addietro e che, invece, si scopre essere in possesso di Bilbo Baggins, un hobbit della Contea.
I popoli liberi, minacciati dalla ricomparsa dell’Oscurità, devono decidere come affrontarla e cosa fare del pericoloso Anello. L’unica soluzione è quella di distruggerlo, gettandolo nella lava del Monte Fato, un vulcano posto al centro della terra di Mordor, dimora di Sauron; a nove compagni (due uomini, quattro hobbit, un nano, un elfo e uno stregone) viene assegnato il compito di raggiungere Mordor per compiere la missione.
Missione che metterà in luce coraggio, paura, amore, amicizia, onore, potere… provvidenza e morte, tutti valori che fanno parte del nostro mondo interiore.
Tolkien stesso ci dice qual è il vero soggetto de Il Signore degli Anelli: “potrei dire che se il racconto tratta di qualcosa (oltre che di se stesso), questo qualcosa non è, come tutti sembrano supporre, il potere. La ricerca del potere è solo il motivo che mette in moto gli avvenimenti, ed è relativamente poco importante, penso. Il racconto riguarda principalmente la morte, e l’immortalità; e le scappatoie: la longevità e la memoria“.