Usciva il 16 luglio 1951 negli Stati Uniti (e in Italia, pubblicato da Einaudi, circa 10 anni dopo) “Il giovane Holden”, magnifico romanzo di J. D. Salinger, libro che a distanza di 67 anni, resta uno di quei libri che come si suol dire “lo si legge tutto d’un fiato per quanto è bello, ma dopo si ha la sensazione di non aver capito niente“.
Questo capolavoro letterario del ‘900, banale nel linguaggio e nella scrittura ma che nasconde un profondo significato, deve la sua fama all’interpretazione personale di Salinger che riesce a mettersi nei panni di uno scocciato e insofferente ragazzo-protagonista (sedicenne), Holden Caulfield, il quale divenne il prototipo/simbolo dell’adolescente ribelle e confuso in cerca della verità e dell’innocenza al di fuori e al di sopra delle ipocrisie del mondo adulto.
Holden, (che funge anche da voce narrante) racconta nel romanzetto tutti gli avvenimenti che gli accadono il giorno in cui succede di essere sbattuto fuori per scarso rendimento scolastico dall’istituto Pencey, una scuola di Agestown in Pennsylvania e lo fa mostrando tutti i suoi sentimenti.
Dal racconto si evince, dunque, un ragazzo triste, solo e insoddisfatto ed è pieno di rimorso per la delusione che darà ai suoi genitori dal momento che è stato mandato via da ben quattro scuole. Preso dallo sconforto il ragazzo decide di non tornare a casa subito, ma di prendere un treno per New York e soggiornarvi un paio di giorni… da qui comincia la magia della sua psicologia e al contempo del caso che lo porteranno a vari incontri fisici e non, tutti con un grande significato.
A partire dall’esperienza con la prostituta (nell’albergo di New York dove alloggia) e con il suo protettore da quale viene truffato e picchiato; fino all’incontro finale con la sorellina Phoebe. Un libro che insomma, ha cambiato l’immaginario collettivo e stilistico del Novecento.