Addio a Luis Sepúlveda, vittima del coronavirus

Grave lutto nel mondo della cultura per la morte dello scrittore cileno Luis Sepúlveda: il 29 febbraio era stato ricoverato per una polmonite associata al Covid-19

Addio a Luis Sepúlveda, vittima del coronavirus

Luis Sepúlveda era un combattente, uno di quelli che hanno sconfitto la morte più di una voltaprima che il nuovo coronavirus lo infettasse. Lo scrittore cileno si è spento all’età di 70 anni in un ospedale di Oviedo (Spagna) dove era stato ricoverato lo scorso 29 febbraio a causa della polmonite da Covid-19.

Aveva accusato i primi sintomi al rientro da un festival letterario in Portogallo, quando ancora il coronavirus non si era manifestato in Portogallo e nelle Asturie. La famiglia ha rilasciato una dichiarazione, firmata dalla moglie Carmen Yáñez e dal figlio maggiore, Carlos, in cui ringrazia “con tutto il cuore” il team medico-sanitario di Huca “per la loro grande professionalità e dedizione“, e per “le dimostrazioni di affetto ricevute”.

Sepúlveda era uno scrittore, un regista, un ambientalista: fu perseguitato dalla dittatura militare di Pinochet, catturato e torturato per sette mesi, ma riuscì a trovare la forza per sopravvivere. Instancabile viaggiatore, visse in una dozzina di paesi, ma l’esperienza che lo segnò di più fu la sua permanenza in Amazzonia con gli indigeni Shuar, esperienza da cui nacque la sua grande opera: “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore“, che ebbe un clamoroso successo internazionale, con oltre 18 milioni di copie vendute, e tradotto in oltre 60 lingue. Nato il 4 ottobre 1949 nella città di Ovalle, a 400 chilometri a nord della capitale cilena, Sepúlveda, fin dalla sua tenera età, era affascinato dalle arti e dalla politica: era solito dire di esser stato concepito “rosso, profondamente rosso“.

Figlio di un attivista comunista e di un’infermiera Mapuche, lo scrittore crebbe a Santiago, studiò all’emblematico Istituto Nazionale, un bastione dell’educazione pubblica cilena, le cui classi hanno visto molti presidenti, ministri, intellettuali, uomini d’affari, artisti e scrittori. È qui che iniziò a scrivere, ispirato da un’insegnante di storia: a 17 anni pubblicò la sua prima raccolta di poesie. Dopo il liceo, frequentò la Scuola di Teatro dell’Università del Cile e si laureò come regista.

La sua militanza politica iniziò molto presto: si unì a “La Jota”, nome popolare con cui è conosciuta la Gioventù Comunista del Cile e, dopo esserne stato espulso nel 1968, militò in una divisione del Partito Socialista. Grande ammiratore dell’ex presidente socialista Salvador Allende, Sepúlveda fu detenuto dal regime di Augusto Pinochet dopo il colpo di stato del settembre 1973. Dopo essere stato rilasciato, capì di dover ricostruire la sua vita lontano dal Cile e nel 1977 si trasferì a Buenos Aires. Attraversò l’Uruguay, il Brasile, il Paraguay e il Perù e in Ecuador conobbe lo Shuar, un popolo indigeno che vive nella giungla amazzonica. 

Dopo aver attraversato la giungla, si recò in Nicaragua per partecipare alla rivoluzione sandinista che nel 1979 rovesciò l’ex dittatore Anastasio Somoza. Successivamente si spostò ad Amburgo, in Germania, dove si dedicò all’ambientalismo: lavorò per diversi anni per l’Ong Greenpeace e si imbarcò su una delle sue navi per combattere la caccia alle balene. Visse in Germania per 15 anni e ivi conseguì la laurea in Scienze della Comunicazione presso l’Università di Heidelberg. A metà degli anni ’90, si stabilì nelle Asturie, dove visse con sua moglie, la poetessa Carmen Yáñez, e dove si è spento a causa del coronavirus.

Nonostante gli oltre 14.000 chilometri di distanza, seguì da vicino l’ondata di proteste sociali contro la disuguaglianza scoppiata in Cile lo scorso ottobre, etichettando il presidente Sebastián Piñera come un “burattino inetto“.

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