Le prime ovaie stampate in 3D, impiantate nei ratti, funzionano

L'esperimento condotto dall'Istituto Wake Forest per la Medicina rigenerativa, negli Stati Uniti, ha dato esito positivo: le ovaie stampate in 3D producono regolarmente ormoni.

Le prime ovaie stampate in 3D, impiantate nei ratti, funzionano

Il matrimonio tra tecnologia e scienza è riuscito a dare ancora una volta un esito positivo facendo produrre regolarmente ormoni alle prime ovaie stampate in 3D. Come quasi sempre accade, il primo a sperimentare gli effetti è stato un ratto a cui sono state impiantate le ovaie.

Il risultato, secondo quanto è stato pubblicato sulla rivista Nature Communications, è tanto incoraggiante che già si pensa alla possibilità di mettere in atto la stessa tecnica anche nell’uomo, al posto della terapia ormonale sostitutiva che, di solito, viene prescritta alle donne in menopausa o a quelle costrette alla menopausa precoce perché in chemioterapia.

La ricerca, condotta dall’Istituto Wake Forest per la Medicina rigenerativa, negli Stati Uniti, ha come obiettivo finale riattivare la produzione degli ormoni femminili in modo naturale, cercando allo stesso tempo di ridurre il più possibile gli effetti collaterali che potrebbero accentuarsi su densità ossea e peso.

Il gruppo di ricercatori, guidati da Emmanuel Opara, ha considerato due tipi di cellule presenti nelle ovaie: quelle collegate agli ovociti di tipo granuloso e quelle della teca follicolare che circonda i follicoli ovarici. I due tipi di cellule sono stati letteralmente incapsulati all’interno di un’ovaia artificiale, stampata in 3D, poi trapiantata in un ratto femmina a cui erano state asportate le ovaie. Le ovaie artificiale, stampate in 3D, hanno iniziato subito a ‘dialogare’ con l’ambiente biochimico in cui erano state introdotte. Il loro adattamento è stato tale da cominciare a produrre gli ormoni femminili, in particolare gli estrogeni e il progesterone.

Per 3 mesi, è stata tenuta sotto controllo la produzione che, pur essendo a livelli bassi, ha dato segni di stabilità. Il risultato positivo dell’esperimento ha fatto pensare ai ricercatori che lo stesso meccanismo potrà un giorno essere riprodotto nell’uomo, anche se loro stessi ritengono che i tempi non siano ancora maturi. 

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