Nei mesi scorsi diversi (anche ex) dipendenti degli Apple Retail Store della California avevano citato in giudizio la loro azienda, appunto la Apple, per una questione davvero incresciosa: all’inizio della pausa pranzo, o a fine turno lavorativo, venivano sottoposti dai loro responsabili ad una minuziosa perquisizione, onde evitare furti tra i dispositivi in vendita nello Store. Il controllo in questione durava dai 10 ai 15 minuti e non era nemmeno retribuito.
I dipendenti in questione si erano anche lamentati direttamente col CEO di Apple, Tim Cook, scrivendogli che il controllo cui venivano sottoposti, a scopo di “sicurezza”, era “umiliante e imbarazzante” visto che, tante volte, avveniva persino in presenza di eventuali clienti.
Tim Cook, dal canto suo, evidentemente colpito dalla faccenda, aveva scritto ai senior retail ed agli HR executives per sapere “se fosse tutto vero” e Denise Young Smith, Vice Presidente delle risorse umane di Cupertino aveva fatto sapere che “se si tratta di un semplice deterrente, ci deve essere un modo più intelligente e rispettoso di attuarlo”.
Ebbene, a tanti mesi di distanza, si sono iniziati ad avere i primi esiti legali della faccenda. La Corte Suprema degli Stati Uniti, leggi federali alla mano, aveva già dichiarato che i dipendenti di Apple non avevano diritto a un risarcimento per il tempo trascorso durante le ispezioni ed una sentenza simile è arrivata, in questi giorni, anche dalla Corte direttamente chiamata in causa dai dipendenti riottosi di Cupertino, quella della California.
Nella sentenza in questione si legge che i dipendenti non hanno diritto ad un rimborso perché, per evitare tali controlli, avrebbero anche potuto non portarsi dietro, sul posto di lavoro, marsupi, borse o borselli.
Non c’è dubbio che Apple l’abbia scampata bella: secondo alcune stime, considerando un rimborso, per 12400 dipendenti o ex tali, relativo a 2 dollari al giorno per 6 anni di controlli…si sarebbe potuti arrivare ad una stangata di 60 milioni di dollari.
Ad ogni modo, secondo un avvocato dei querelanti, non è detta l’ultima parola e si prepara già il ricorso alla Corte di Appello…