Per tantissimi colossi del Web e delle tecnologie informatizzate, come i siti Booking.com, Google, Amazon, Facebook ed Airbnb, si profilano tempi duri, all’insegna di nuove normative fiscali per superare un concetto, per queste aziende superato, come quello del domicilio fiscale. Chiunque ottenga dei redditi in un Paese tramite il Web dovrà pagare anche in quello stato le giuste tasse sui guadagni ottenuti.
Bruxelles e la Commissione Europea stanno mettendo allo studio delle normative e delle misure in grado di sorpassare il maggior ostacolo alla tassazione su Internet, ovvero ciò che viene definito lo “stabilimento permanente”.
Secondo quanto anticipa l’ANSA, per sistemare queste normative e far pagare le tasse ai colossi di Internet che non versano nemmeno un euro di tasse in molti Stati, si sta pensando di far pagare delle imposte qualora vi sia una “presenza digitale significativa” e una “residenza virtuale”.
Chiaramente, questi due concetti dovranno essere ben definiti per evitare di far trovare ai soggetti coinvolti escamotage e cavilli in grado di non far pagare comunque ad essi le tasse in tutti i Paesi europei dove operano. La tassazione, a quel punto, sarà del tutto simile all’imposta sulle persone giuridiche presenti fisicamente nei vari Stati.
Germania, Francia, Italia e Spagna sono i quattro alleati che vogliono sbloccare questa situazione; tremano – invece – regimi fiscali vantaggiosi come l’Irlanda, l’Olanda, ed il Lussemburgo, che potrebbero vedere crollare i loro enormi guadagni su questi colossi del Web, che ubicano in questi Stati i loro attuali domicili fiscali.
Pier Carlo Padoan, il nostro Ministro dell’Economia, ha firmato un‘intesa con i suoi tre colleghi, il francese Bruno Le Maire, il tedesco Wolfgang Schaeuble, e lo spagnolo Luis de Guindos. In questo modo, si cercherà di far votare la legge sulla web tax entro la fine dell’anno di fronte al Parlamento europeo, per regolarizzare queste nuove normative fiscali per il prossimo anno, il 2018.