Le fiabe, come in alcune scene del film “Neverland – Un sogno per la vita”, si trasformano in scene tridimensionali. Pronunciando le parole del racconto scelto, queste si trasformano e si traducono in immagini dall’apparenza reale, gli ambienti diventano tridimensionali, tanto che chi ascolta e guarda s’immerge completamente nella fiaba.
Il tutto è stato reso possibile dall’interfaccia Muse, acronimo di Machine Understanding for interactive StorytElling. A realizzare il progetto, inserito nel contesto del progetto europeo Fet, è stato un gruppo di ricercatori dell’università cattolica di Lovanio, in Belgio. L’interfaccia Muse è stata istruita con algoritmi che sanno associare le parole che si pronunciano, anche se ripetute, in dati visivi che – in tempo reale – danno come output un dizionario visivo.
La lettura ordinata a cui siamo stati abituati fin da piccoli, superata poi dall’ipertesto, una lettura che ci porta a seguire percossi di nostro interesse, viene ancor più oltrepassata da questo modo di esplorare le parole per capire le informazioni, in cui tutto sembra prender vita dalle stesse semplici parole che si trasformano in un racconto interattivo tridimensionale.
Una volta dato un input, di qualsiasi genere, una favola per bambini, del materiale divulgativo, una guida turistica, Muse mette insieme le parole e le elabora traducendole in conoscenza, poi le restituisce rappresentando in 3D le azioni, le persone, i monumenti, le storie, e l’ambiente. Uno degli utilizzi dimostrativi è stato quello di far vedere a un bambino prossimo al ricovero ospedaliero, attraverso il gioco, l’ambiente ospedaliero.
Questa nuova tecnica può trovare sbocchi nei più diversi contesti. Può essere usata per spiegare una terapia medica, come utilizzare un nuovo strumento, per dare informazioni complesse ai cittadini, ma anche per far arrivare qualsiasi persona in posti che, per svariati motivi, mai potrà permettersi di vedere o, più semplicemente, per far addormentare il proprio bambino in un mondo da fiaba.