In questi giorni l’istituto di ricerche GFK ha pubblicato uno studio, commissionato da Vodafone per i suoi 20 anni, e relativo al cambiamento della telefonia in questo lasso di tempo.
Dalla ricerca in questione emerge come il telefono fisso, nelle case degli italiani, non sia più una necessità imprescindibile: nel 1995 era il 95% a possedere un telefono fisso mentre ora più di un terzo della popolazione dichiara di non averne uno in casa.
Inverso il discorso per quanto riguarda gli smartphone che, complici le tariffe sempre più convenienti e sempre meno d’élite, si sono ampiamente diffusi tra gli italiani, quasi a sostituire, appunto, i telefoni stanziali: nel 1995 appena 2,9 milioni di italiani avevano un cellulare mentre oggi sono circa 47 milioni con una copertura del 91,7% tra la popolazione di 14 anni.
Questo dato, comunque, non deve far pensare ad una scomparsa degli operatori telefonici tradizionali che sempre più usano le loro infrastrutture già presenti per veicolare connettività ADSL o, nei casi migliori, la Fibra Ottica: attualmente è il 53,7% della popolazione a fruire di questo servizio che, per sempre più persone, viene ritenuto essenziale quasi come la fornitura dell’acqua, della corrente o del gas. Nel 2003, dopo il primo vero quinquennio di connettività, era appena il 4,3% della popolazione a connettersi.
Considerando poi quando si spende per i telefoni, si può facilmente capire perché realtà “tradizionali” come Nokia abbiano dovuto cedere il passo alle tigri asiatiche come la Samsung: in dieci anni, la spesa media per uno smartphone è scesa da a 636 a 235 euro mentre per un feature phone (com’era il Nokia 3310) si è passati da 169 a 43 euro.
Le realtà che, quindi, hanno saputo lanciarsi per tempo nel settore di questi mini computer telefonici hanno fatto la loro fortuna mentre le altre hanno subito dei veri e propri tracolli dai quali stanno faticando a riprendersi (Nokia ha dovuto cedere i Lumia a Microsoft e solo tra qualche mese potrà tornare a vendere cellulari, questa volta evoluti).