I nuovi iPhone 6s stanno riscontrando il gradimento del pubblico grazie all’ottimizzazione di iOS 9 e grazie al nuovo Force 3D Touch che associa, a diversi livello di pressione, l’aprirsi di varie funzioni ed applicazioni. Un bel progresso, quindi, rispetto al passato. Il problema è che, spesso, i progressi possono costare cari. Letteralmente molto cari.
Dagli States, infatti, giunge notizia che un tribunale avrebbe condannato Cupertino per aver violato un brevetto, il n° 5,781,752 della Wisconsin Alumni Research Foundation (WARF). Nello specifico, il brevetto in questione di occupava di “data speculation”: nello specifico si trattava di dotare la CPU di un branch predictor in modo che prevedesse o anticipasse l’esito del calcolo di alcune operazioni logiche. Più il risultato era esatto, meno la CPU dell’iPhone veniva chiamata in causa ad eseguire cicli di operazioni, meno – in estrema sintesi – la batteria si consumava.
L’innovazione in questione, ricordiamo appartenente al WARF, sarebbe stata utilizzata da Cupertino, queste le conclusioni della Corte, nei SOC dei processori A7, A8 e A8X presenti in vari device della mela morsicata. Per questo motivo, accertati i fatti, e con l’intento di “vendicare” l’invenzione del prof. Gurindar Sohi (a capo della ricerca nel WARF), il tribunale – nella figura del giudice William Conley – ha comminato una multa di 234 milioni di dollari all’azienda di Tim Cook, multa scontata (si era paventato un ammontare di 860 milioni di dollari di penale) dal fatto che non sarebbe stata accertata la volontarietà del comportamento da parte dei tecnici Apple.
Per il WARF si tratta della seconda vittoria contro un colosso dell’high tech. In un precedente trial giudiziario, ad esser finita sotto giudizio, per la medesima violazione, era stata la Intel che aveva deciso di uscirsene con una conciliazione extragiudiziaria basata su un cachet di 110 milioni di dollari rilasciati sull’unghia.
E’ il caso di dire che la violazione del diritto d’autore non paga. Anzi costa. E pure molto…