Riuniti in un museo ad Avezzano giochi vintage che riuniscono una generazione

Da Atari a Pac-Man, Oltre 700 giochi vintage di collezionisti di tutto il mondo. Mastodonti elettronici e gadget tascabili che uniscono le generazioni. Tra curiosità e nostalgia.

Riuniti in un museo ad Avezzano giochi vintage che riuniscono una generazione

Ad Avezzano ha aperto un curioso museo chiamato “Museo dell’intrattenimento elettronico”, una vasta selezione di giocattoli vintage, dai flipper ai videogame, ai gadget tutti riuniti nell’intrattenimento, Le generazioni Z, Y, X e persino quella dei baby boomer unite, sotto il cielo con pochi pixel del retrogaming.

Un momento per ricordare i bei vecchi tempi, quelli degli anni ’70, ’80 e ’90, quelli dei joystick nella sala giochi, i gettoni, l’uso degli antichi floppy disk, tutte le persone con gli occhi sbrilluccicanti nel rivivere quegli anni ruggenti, altro che gli smartphone di oggi. Alessandro Di Berardino, fondatore, insieme a Erik Pede e Fabio Rubeo, del museo ammette che è destinato a tutti, anche ai ventenni, e a i nativi digitali, c’è addirittura il Commodore 64, e l’Amiga.

Console per videogiochi con i classici sparatutto, “Jet Rocket” (iconico arcade Sega del 1970), il leggendario “Asteroids” (realizzato da Atari nel 1979), “Battlezone” (Atari, 1980, di guerra), “Joust” (genere action, sviluppato dalla Williams Electronics e pubblicato nel 1982). “Space Invaders”, sparatutto basic del 1978, rivisto nel film Pixel.

E ultimo ma non ultimo il classico Nintendo con Super Mario Bros, il classico dei classici, E poi pietre miliari tipo “Odyssey”, la prima console per videogiochi domestici (dell’americana Magnavox) e il pc “Engine” della Nec, degli anni Ottanta, che sdoganò l’impiego del cd-rom con le console. Gente proveniente da tutto il mondo, con una unica passione collettiva, per rimirare questi evergreen, i giochi vengono pagati a peso d’oro data la folta quantità in rete di collezionisti basti pensare a un Super Mario 64 battuto a 1,5 milioni di dollari. 

“Giocare, negli ’80, era un’attività di nicchia, semi-carbonara, per nulla compresa dalle generazioni precedenti” conclude Viola. È interessante il fatto che le generazioni di oggi siano attratte da questi archetipi anni 70 e li bramino con tutti loro stessi, un inno alle vecchie  generazioni che ci vedevano lungo.

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