Geocaching è uno di quei giochi poco conosciuti, di cui ci si innamora subito. Dopo averlo scaricato dal proprio app store si può subito partire alla ricerca di migliaia di scatolette, dalle più svariate forme e dimensioni, che sono disseminate e minuziosamente nascoste in tutto il mondo.
Il compito di ogni geocacher, ovvero colui che cerca di trovare queste scatolette, è scovare i geocache grazie alle indicazioni che l’app fornisce. Una volta trovato il geocache, all’interno dello stesso si troverà una lista con i nomi dei giocatori che lo hanno già precedentemente trovato. A seconda della dimensione della scatoletta, è possibile lasciare al suo interno un oggetto e prenderne uno di minore valore.
La cosa più stravolgente sta nel fatto che non c’è nessuna vincita, ne economica ne materiale. L’unica ricompensa consiste nella soddisfazione di aver trovato un nuovo geocache, poichè lo scopo è trovarne il più possibile.
Con la scusa dei geocache, inoltre, è possibile visitare luoghi meravigliosi, montagne e zone immerse nel verde che altrimenti trascureremmo. Il più delle volte, infatti, i geocache sono situati in luoghi di culto, di scavi archeologici, di una certa rilevanza storica, luoghi in cui regna storia e cultura, zone visitate costantemente da turisti.
L’origine di questo gioco risale a circa 15 anni fa, quando in America il signor Dave Ulmer posizioò la prima scatoletta con lo scopo di confermare la reale affidabilità del Selective Availability, ossia il segnale che disturbava i GPS civili, che era ritenuto invece poco preciso e colpevole di un errore che può arrivare anche fino a 100 metri. Al primo geocache trovato, ne sono seguiti altri. Dopo circa un mese viene nascosto il primo geocache oltreoceano, in Australia.
L’idea è stata talmente apprezzata che in pochi giorni i frequentatori del gruppo hanno iniziato a creare nuovi stash negli Stati Uniti e dopo circa un mese veniva nascosto il primo in Australia e da allora questo gioco è diventato virale.