"Spiderman: Far From Home", la recensione

È finalmente arrivato nei cinema Italiani "Spiderman: Far From Home", nuovo capitolo del Marvel Cinematic Universe che, dopo i tragici eventi di "Avengers: Endgame", conclude la titanica Fase 3 della colossale saga cinematografica.

"Spiderman: Far From Home", la recensione

Il 9 luglio è finalmente arrivato nei cinema italiani “Spiderman: Far From Home”, nuovo capitolo del Marvel Cinematic Universe, atto conclusivo della titanica Fase 3 e seconda pellicola stand-alone sul celebre personaggio creato da Stan Lee. L’affluenza nelle sale è stata subito molto importante, così come importanti sono state le cifre totalizzate al botteghino nel giorno dell’esordio.

Del resto, l’attesa che si era creata attorno al titolo era decisamente alta: dopo i tragici eventi di “Avengers: Endgame”, tutti i fans erano curiosi di sapere come il giovane Peter Parker sarebbe stato in grado di metabolizzare la scomparsa dell’amico e mentore Tony Stark, sacrificatosi in nome della salvezza globale nella battaglia finale contro il fortissimo Thanos.

Un mondo senza Iron Man

Come spesso accade in campo cinematografico, i trailer di “Far From Home” sono stati piuttosto ingannevoli: se dai teaser sembrava filtrare un’aria pesantemente malinconica e offuscata dalla scomparsa di Iron Man, il film ci sorprende in positivo e ci prende in contropiede con toni tendenti alla commedia (comprensibile, visto che i protagonisti sono dei semplici adolescenti).

L’immagine dell’eroe compianto viene fortemente utilizzata, ma mai in modo inutilmente celebrativo o eccessivamente melenso, anzi: spesso e volentieri Tony Stark viene chiamato in causa in maniera quasi grottesca, buffa e comica, andando a stemperare il pesante clima che si era creato dopo l’ultimo, tragico capitolo. Nonostante i toni tendano allo scherzoso, il fatto rimane: Il mondo è orfano di Iron Man, l’eroe disposto a sacrificare la propria vita per salvare quella di milioni di persone in tutto il globo.

Peter Parker, dopo la grande battaglia contro Thanos, torna al liceo dopo essersi perso cinque anni di vita: l’Arrampicamuri era stato infatti “snappato” salvo poi essere riportato indietro grazie al “Blip”, fenomeno che ha recuperato tutte le vite stroncate prematuramente da Thanos. Con lui sono presenti gli amici di sempre, Ned, simpatico cicciottello dalla battuta pronta, e MJ, enigmatica ragazza dal fascino esotico che ha rapito il cuore del giovane Supereroe. È in questo contesto che Peter e compagnia si preparano ad affrontare una lunga gita scolastica che li porterà in giro per mezza Europa. Ma il relax è molto, molto lontano.

Poca voglia di crescere

Se in “Spiderman: Homecoming” Peter non vede l’ora di crescere, diventare grande e fare l’eroe per salvare il mondo, in questa nuova avventura siamo al cospetto di un ragazzo che, giustamente, presenta esigenze da ragazzo: tutto ciò che Spiderman vorrebbe è appendere il costume nell’armadio per qualche settimana, così da poter metabolizzare gli eventi appena accaduti, prendersi una pausa e dedicarsi agli amici, soprattutto ad MJ, sua cotta adolescenziale.

I suoi piani vengono immediatamente rovinati da Nick Fury, capo delle forze Shield, che lo sceglie per sventare una nuova, apocalittica minaccia: lo schiocco di Thanos pare aver squarciato le dimensioni e la loro forma, favorendo l’avanzamento degli Elementali, pericolosi colossi che traggono potere dai principali elementi presenti in natura. Spiderman, tuttavia, non dovrà affrontare la temibile minaccia da solo: sarà accompagnato da Quentin Beck, supereroe giunto da una Terra alternativa totalmente distrutta dagli Elementali.

Il viaggio in Europa prende subito una piega paradossale, la gita viene totalmente presa in carico e dirottata da Fury, desideroso di avere la piena attenzione e il pieno impegno da parte del giovane eroe che sembra però essere distratto, assente e poco voglioso di mettersi alla prova come in passato.

L’eredità di Stark e un necessario percorso di crescita

Presto la realtà si fa dura per Spiderman: Tony Stark ha scelto lui come degno erede, la salvezza del mondo dipende dal giovane, ora più che mai. Il resto degli Avengers sembra essere lontano, disperso per la Galassia, non disponibile ad intervenire: ecco quindi che tutte le responsabilità più gravose vengono caricate sulle spalle di un appena sedicenne Peter Parker, strappato brutalmente ai piaceri dell’adolescenza per essere scaraventato crudelmente nel mondo degli adulti, dove bisogna correre e lottare, mettersi sempre in prima linea così da poter fornire degna protezione e solida copertura ai più deboli.

Peter non sarà da solo in questa nuova e poco ambiziosa impresa. Mr. Beck, ribattezzato Mysterio, avrà un ruolo fondamentale: sarà proprio lui, infatti, a sbloccare mentalmente il ragazzo, a fargli capire quanto sia importante il suo ruolo all’interno del puzzle predisposto da Fury, ad aiutarlo non soltanto nella battaglia con gli Ementali, ma soprattutto in quella contro il proprio ego di ragazzino che alza prepotentemente la voce in questa nuova pellicola. È in questo frangente che il film riesce ad esprimersi ai suoi massimi. Dopo un avvio ed una prima fase votate quasi interamente alla commedia al sapore di “Eurotrip”, la storia assume tinte più cupe, riflessive e drammatiche.

Peter viene finalmente messo di fronte ad una realtà che sembra voler vivere in maniera distaccata per evitare sofferenze ulteriori: Tony è morto, il mentore non c’è più, nessuna pacca sulla spalla, nessuna parola di incoraggiamento, soltanto un grande vuoto da condividere con Happy Hogan, storico amico nonchè guardia del corpo di Mr. Stark, rimasto ora al fianco di Spiderman per spalleggiarlo e sostenerlo. Le lacrime di Tom Holland, sempre più calato nella parte del giovane Parker, sono un duro colpo per tutti quei fans che proprio non sono riusciti a digerire e metabolizzare la scomparsa di Iron Man dal MCU, ma sono anche un ponte necessario a sviluppare la trama, così da non fare arenare il film in uno stagnante stato di commedia adolescenziale.

Il Bimbo Ragno diventa Uomo Ragno

Già, perchè dopo aver riso, in questo film, si cresce. Si cresce assieme a Peter, si cresce assieme a Spiderman, ci si sente feriti e colpiti esattamente quanto lui. Niente coinvolge di più un fan quanto vedere il proprio eroe preferito messo in ginocchio, sprofondato nelle difficoltà, chiamato alla missione più grande: sconfiggere se stesso e i propri timori ancor prima di sconfiggere il nemico, qualunque esso sia.

In “Spiderman: Far From Home” niente è come sembra, la psichedelia e l’illusione sono all’ordine del giorno e sono le totali protagoniste della seconda parte del film, vero e proprio gommoncino sballottato nelle sadiche rapide degli inesorabili plot twist che vengono mitragliati davanti agli occhi, sempre più increduli, dello spettatore.

Alla fine di tutto, a guadagnare per l’ennesima volta in centralità è la crescita interiore di Peter Parker che, dopo diversi capitomboli piuttosto clamorosi, riesce finalmente a capire che cosa significhi essere un eroe. Riesce a capire che nessuno, nemmeno lui, potrà essere Tony Stark, unico nel suo genere, ma riesce altresì a comprendere la vera natura e la vera forza di Spiderman, sempre amichevole, ma non più tanto di quartiere. Non manca ovviamente il (doppio) colpo di scena finale, a condire perfettamente un piatto molto ben bilanciato e ottimamente servito sul tavolo.

Goduria per gli occhi

Questo nuovo capitolo di Spiderman non vuole fare leva sugli spettatori soltanto con morali e percorsi interiori, ma decide di dire la sua in maniera prepotente anche in campo visivo. Il film, dall’inizio alla fine, è un vero e proprio trionfo per gli occhi: le città Europee che vengono toccate dalla gita della classe di Parker sono teatro di battaglie a dir poco epiche contro gli Elementali, mostri capaci di gettare direttamente in faccia allo spettatore fuoco e acqua, così da farlo sentire ulteriormente immerso nelle fantastiche vicende che osserva comodamente seduto in poltrona.

Il colpo d’occhio di Venezia e Londra sullo sfondo è assolutamente fantastico, in particolar modo per quanto riguarda la prima delle due città e no, non perche siamo italiani. Sono presenti nella pellicola scene a dir poco psichedeliche che non sconvolgeranno lo spettatore solo a livello emozionale, ma lo lasceranno piacevolmente confuso e travolto anche sotto l’aspetto visivo. Anche il comparto audio non è da meno: esplosioni, rumori della battaglia, colonna sonora da urlo.

Un franchise affidato al Ragno

Come detto in apertura, “Far From Home” va a concludere definitivamente la Fase 3 del MCU, e lo fa con un’investitura importante: il posto centrale che è stato fino a poco tempo fa di Robert Downey Jr e del suo Iron Man passa ora a Tom Holland e alla sua (riuscitissima) versione di Spiderman, capace di convincere oggi  anche i fans più scettici e meno entusiasti di ieri. Il ragazzo è ormai saldamente nei cuori di tutti gli appassionati del franchise, non soltanto per la sua indiscutibile dote attoriale, ma soprattutto per la sua capacità di far vivere al meglio sul grande schermo le caratteristiche che Stan Lee aveva pensato per il suo Spiderman su carta stampata ormai decine e decine di anni fa.

È infatti netto che lo Spiderman di Holland sia forse il più vicino alla controparte fumettistica di casa Marvel, nonostante siano state prese diverse “licenze poetiche” per giustificarne l’ingresso nelle vicende del MCU. Il futuro che sembrava barcollante ed incerto immediatamente dopo i titoli di coda di “Endgame” appare ora radioso, brillante e sapientemente tracciato nel segno del Ragno, che si pone ora al timone (si spera) per molto, molto tempo.

Un sentito plauso anche al resto della truppa di “Far From Home”, a partire dall’affascinante Zendaya, donzella in pericolo con grande stile, passando per Jacob Batalon, simpatico personaggio dalle tinte comiche, finendo con Jack Gyllenhaal, capace di dare vita ad un Mysterio complesso e dalle molteplici sfumature tutte da cogliere e scoprire. E non scordiamoci di Marisa Tomei, fantastica versione giovanile della celebre Zia May, e di Jon Favreau, produttore, regista, sceneggiatore e attore che vedremo ben presto al suo più grande banco di prova cinematografico, il remake de “Il Re Leone“. La sua prima, grande scommessa fu Iron Man e sappiamo tutti come andò a finire.

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