8/10 minuti di storia raccontati in 2 ore di film con un non-finale che è un autentico coitus interruptus, un cliffhanger senza speranza di soluzione in una “seconda puntata”: questa, ex abrupto, è in sintesi la sensazione che lascia la visione di questo “a house of dynamite”, ultima opera (in streaming) della più nota regista “con attributi” del cinema americano, Katherine Bigelow.
Ed è una sintesi cruda, secca, lapidaria come spesso sono le sintesi, ma semplicistica rispetto a una più dipanata riflessione sul contenuto del film, oltretutto del tutto lodevole negli intenti esemplificati dal titolo: viviamo in un polveriera che può saltare in qualsiasi momento.
C’è poi, al di là di una oggettiva dilatazione temporale, il ricorso alla reiterazione del racconto a seconda dei punti di vista, con a modello universale il capolavoro “Rashmon” di Kurosawa, che non è certo un demerito: la suspense, di cui la Bigelow da sempre si è dimostrata maestra (“Point Break, Strange Days”) è affilata anche sapendo come si svilupperà ogni segmento, dopo quello iniziale, chiaramente (segmenti dominati il primo da Rebecca Ferguson e l’ultimo dal Potus di Idris Elba), ma il giochino lascia alla lunga un retrogusto di meccanicità che impedisce di abbracciarlo del tutto.
Trattasi del resoconto di un inopinato attacco nucleare portato da una sola testata lanciata non si sa dove non si sa da chi, verso gli Stati Uniti, osservato dalla visuale delle varie control room deputate a elaborare una reazione: due missili intercettori falliscono la loro missione, il bersaglio viene circoscritto nell’area di Chicago, e in attesa di ordini “dall’alto”, con la prospettiva di 10 milioni di vittime il film si conclude…
Nel frattempo abbiamo avuto intanto modo di assistere a reiterate crisi emotive non giustificabili dai contesti, nei quali deve regnare il più freddo dei raziocini, sfocianti talvolta nell’isteria (il segretario alla difesa dal prendere l’elicottero sul tetto per l’evacuazione delle autorità, devia sul cornicione e si butta….) che inficiano la sospensione dell’incredulità. E mettiamoci anche la reiterazione di tecnicismi propri degli ambienti militari….
Insomma, il film “tiene” fino alla fine, pur non eludendo qualche palpebra calante, ma la sufficienza forse la ottiene più per l’attualità quanto mai scottante del soggetto, con una pluralità di teatri bellici a rischio escalation atomica che neanche ai tempi della crisi cubana che per la trasposizione.
E dopo aver visto un remake diluito dell’introduzione di “Wargames” dobbiamo forse aspettarci quello di “the Day After”?
Genere: thriller
Regia: Katherine Bigelow
Interpreti: Rebecca Ferguson, Idris Elba