Il film cult Trainspotting compie 20 anni

Era il 1996 quando il film "Trainspotting" firmato da Danny Boyle e tratto dall'irriverente romanzo di Irvine Welsh arrivava nelle sale cinematografiche. Sono passati 20 anni dalla sua uscita ma per i suoi temi sono ancora fortemente attuali.

Il film cult Trainspotting compie 20 anni

“Trainspotting”, prima di tutto come romanzo uscito nel 1993, e in seguito come trasposizione cinematografica firmata alla regia da un giovane e talentuoso Danny Boyle (regista che ancora continua a stupire gli spettatori con film come “The Millionaire”) è sicuramente – ancora oggi – nonostante i 20 anni passati dalla sua uscita nelle sale, un fenomeno generazionale.

Infatti i protagonisti della vicenda, sbandati e invischiati in piccoli crimini e droga, sono un simbolo degli emarginati della società britannica/scozzese e non solo, di come quest’ultima porti i giovani ad essere dei derelitti se non rispondono a certi precisi requisiti del sistema e di come sia semplice finire in brutte storie; il protagonista principale, Mark Renton, detto Rent (interpretato da un giovanissimo Ewan McGregor) inizialmente convinto di aver scelto la vita per lui, è completamente offuscato dall’eroina e circondato da amici poco raccomandabili: Sick Boy, con una chiara ossessione per Sean Connery, e Spud, goffo ma pacifico, entrambi tossicodipendenti; Tommy, onesto e sincero (unico spiraglio di una “vita normale”) e, infine, Francis Begbie, delinquente amante dell’alcool e delle risse.

Riassumendo, Mark e i suoi compagni hanno lasciato la normale quotidianità per la droga: “La vita è piena di problemi, se ti droghi hai solo quel problema” diventa il loro motto, una chiara forma di autolesionismo (o addirittura autoannullamento) per evadere dai drammi della società che li circonda.

Ma nella sua voce fuori campo al termine del film, Rent esprime il suo bisogno di cambiare in meglio, risollevarsi da una situazione che lo vincola ad essere quel poco di buono per diventare onesto e perbene come la società richiede, anche se l’unico espediente che trova per riuscire nell’impresa, e non si sa se effettivamente ci riuscirà, è appropriarsi della borsa di soldi fatti con il colpo organizzato con i suo cosiddetti amici.

Il film, come il libro, percorre le vicende di Rent che cerca di dissintossicarsi per poi ricadere nella droga per la noia, una chiara rappresentazione del vuoto generazionale dei giovani britannici e non solo ed è forse per questo che la pellicola è diventata un cult, proprio per la sua capacità di comunicare ai giovani, senza dimenticare le scene inquietanti ed al limite del disgustoso che ben rappresentano quanto un tossicodipendente possa cadere in basso; la pellicola ricorda che – in ogni caso – per quanto in fondo si possa sprofondare nello schifo, ci si può comunque risollevare. E’ un interessante testimonianza e un modo diverso e meno perbenista per comprendere la situazione della tossicodipendenza e dei giovani emarginati.

Per questo e per altri motivi il British Film Institute ha inserito “Trainspotting” al decimo posto della lista dei migliori cento film britannici del XX secolo.

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