Arriverà il prossimo martedì 2 giugno, nelle sale cinematografiche italiane, “Fury”, il nuovo film bellico del regista David Ayer, prodotto da Grisbi Productions, Le e QED International e distribuito da Lucky Red.
Il film è ambientato nella Germania nazista, nell’aprile del 1945. La guerra oramai sembra essere destinata a durare per l’eternità, soprattutto per il sergente Don “Wardaddy” Collier, sopravvissuto al deserto africano e alle spiagge della Normandia. Don è un leader carismatico che può contare sui suoi uomini, un gruppo di soldati di diversa estrazione sociale e ognuno con un carattere differente. Nel gruppo, infatti, troviamo Boyd “Bible” (Shia La Boeuf), il predicatore che imbraccia le armi per una “giusta causa”; Grady “Coon-Ass” (Jon Beranthal) il soldato cinico e animalesco; e Trini “Gordo” (Michael Peña).
Tutto cambia quando Don e il suo gruppo, dopo aver perduto in uno scontro a fuoco il loro tiratore, sono costretti a reclutare il novellino Norman Ellison (interpretato dal giovanissimo attore Logan Lerman), un soldato non troppo a suo agio con la guerra e la violenza che deve fare i conti con i suoi principi etici e morali a favore della sopravvivenza. Don si prende cura del giovane proprio come un padre e lo inizia ai rudimenti della guerra con metodi poco ortodossi. È proprio per questo che i suoi uomini lo ribattezzano “Wardaddy”.
Il merito del regista, nonché sceneggiatore, David Ayer è quello di aver limitato la presenza di esplosioni e scontri a fuoco senza fine per lasciare spazio alle molto più interessanti relazioni umane che si vengono a creare tra i protagonisti, e che ci vengono raccontate tramite i loro sguardi, per mostrarci una dimensione intimista della guerra.
Brad Pitt, intervistato da ComingSoon durante la première di Londra ha dichiarato: “Non ho metodi di lavoro preferiti, ma ho imparato molto su questo set, su come è stato impostato. Specialmente i tre mesi e mezzo al campo di addestramento erano concepiti per farci crollare, darci degli obiettivi precisi, farci lavorare in gruppo e trovare una forma di comunicazione. È stata una cosa molto affascinante e sì, l’ho riproposta a casa ai miei ragazzi, cercando di dar loro degli obiettivi”.