Encanto, il film più divisivo della Disney

Il 60esimo classico della Disney è l'apoteosi del nuovo linguaggio che la nota casa di produzione cinematografica per l'infanzia ha deciso di adottare col suo pubblico, di cui il capostipite è "Frozen".

Encanto, il film più divisivo della Disney

Il nuovo film Encanto, nato dall’idea dei suoi due produttori Biron Howard (già produttore di altri capolavori come Zootropolis e Rapunzel) e Jared Bush è sicuramente tra i più divisivi e controversi film che la Disney abbia prodotto negli ultimi anni.

E’ la storia dei Madrigal, una famiglia speciale alla quale una magica entità dona un “miracolo” rappresentato da una candela, apparsa in dono cinquanta anni prima dell’inizio della storia ad Abuela, la capostipite della famiglia, in fuga assieme a suo marito e al suo villaggio da alcuni predoni che non appaiono mai chiaramente allo spettatore se non sotto forma di sagome nere e inquietanti. La candela è la rappresentazione dell’unione familiare, della speranza che si possa ricominciare insieme, nonostante le enormi difficoltà della vita e che si possa costruire una comunità migliore e proteggendosi a vicenda, tanto che concede dei talenti a tutti i membri delle generazioni dei Madrigal.

Abuela, tuttavia, nel corso della vita dimentica il valore di questo dono e negli anni successivi, ovvero durante la storia narrata nel film, sembra dare più importanza ai singoli talenti che la sua famiglia possiede, rispetto che alle persone che la compongono: le nipoti Luisa e Isabela (“Potenza e Grazia”) risultano essere giovani figure infelici a cui non è concesso mai pienamente di cedere alla debolezza o di essere completamente sé stesse, anche coi propri difetti, accettando di essere sfruttate dal villaggio, come nel caso di Luisa che acconsente ad ogni richiesta di forza-lavoro le venga proposta, o di non fallire mai, come Isabela che evoca solo bellissimi fiori e accetta addirittura che le venga scelto un marito; Antonio, un bambino di appena cinque anni, che risulta parecchio ansioso al momento della “cerimonia del talento”, terrorizzato dal non rispettare le aspettative che la famiglia ha risposto in lui, specialmente dopo il “fallimento” di Mirabel, la protagonista, a cui non fu assegnato alcun potere; Bruno, il personaggio forse più straziato e tormentato, la cui predisposizione a compiere temibili profezie fa traballare la bolla di perfezione che Abuela desidera per la sua famiglia, tanto da vedersi costretto a scomparire per anni.

In tutto ciò, emerge la protagonista Mirabel, senza alcun talento e assolutamente ordinaria che però sembra essere per assurdo la più speciale: difatti, è forse l’unica che si vede interagire in modo più profondo con i personaggi, interessarsi del loro benessere e l’unica davvero determinata a salvare la magia della candela, anche se sa che ciò non cambierebbe assolutamente il suo status di emarginata. Il suo unico interesse, tuttavia, sembra essere la sola felicità della sua famiglia, anche a scapito della propria.

Questa rapida analisi, che non presenta spoiler nel caso non si fosse ancora visto il film, serve a far riflettere sul perchè questo film sia così divisivo.

Tematica e assenza di un villain

L’insegnamento da trarre da questo film non è perfettamente focalizzato, poichè è aperto a molte interpretazioni:

  • Decostruzione della cosiddetta “famiglia tradizionale”, incarnata dal personaggio di Abuela, in contrasto perenne con Mirabel.
  • Discriminazione all’interno della famiglia nei confronti del “diverso” (Bruno, che risulta l’outsider della famiglia e che non sembra rispecchiarne la patina perfetta che Abuela ha impostato e Mirabel che potremmo tranquillamente paragonare a chi non desidera diventare genitore, un’omosessuale ecc.).
  • Razzismo, come nella scena in cui una giovane Abuela scappa da oscuri predoni che danno alle fiamme il suo villaggio.
  • La differenza generazionale che, inevitabilmente, crea scontri e spaccature.

Non c’è effettivamente una sola interpretazione, tutte le tematiche elencate possono essere individuate, come potrebbe non esserne nessuna e forse il problema risulta essere proprio questo: l’assenza di un messaggio diretto. Specialmente, se pensiamo al target di pubblico a cui il film è rivolto, troppo giovane per avere l’esperienza per essere coinvolto nelle dinamiche familiari e quindi comprenderne le problematiche.

L’assenza di un villain, invece, in questo film si avverte. La propensione che la Disney ha avuto negli ultimi anni a comunicare che “il peggior nemico di noi stessi siamo noi” ha messo un po’ in secondo piano l’importanza di comunicare in modo semplice e diretto il messaggio stesso del film. La figura del villain, per antonomasia quella con l’antitesi dei valori del protagonista, non è assolutamente da sottovalutare specialmente quando l’insegnamento che si vuole comunicare è così complesso e maturo; una figura opposta al protagonista che, piuttosto che essere servizievole come i componenti dei Madrigal, fosse invece una persona che quasi abusava del dono della candela, avrebbe veicolato un messaggio semplice e più comprensibile: mai usare il proprio talento o i propri poteri per distruggere il prossimo.

Tuttavia, nonostante gli elementi qui esposti siano ragionevoli motivi di divisione nel pubblico, la pellicola risulta comunque molto piacevole e scorrevole, le canzoni sono il fiore all’occhiello che accompagnano la narrazione e i personaggi risultano essere estremamente coinvolgenti e simpatici.

Dopotutto, nonostante i suoi difetti, è un film che fa molto parlare di sé. E, nel mondo del cinema e della pubblicità, questo è ciò che conta davvero.

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