Le incompiute calabresi diventano opere d’arte

Le opere non finite, come il porto di Gioia Tauro, il pontile ex Sir di Lamezia Terme, il polo siderurgico di Saline Joniche e il tribunale di Reggio Calabria diventano opere di arte contemporanea.

Le incompiute calabresi diventano opere d’arte

Sono le tristemente famose cattedrali nel deserto, tra pontili costruiti nel nulla, industrie mai attivate e città abbandonate che caratterizzano il paesaggio calabrese. Le infrastrutture lasciate a metà, il non finito della regione meridionale che diventa uno stile artistico, studiato persino alle università, documentato, fotografato ed esposto alle mostre dei festival, teorizzato dagli intellettuali, filosofi, antropologi e accademici.

“Hegel diceva di specchiarsi davanti alle opere d’arte, di riflettere” ha commentato Angela Sposato, in qualità di studiosa di estetica, esperienza percettiva e linguaggio: “In questo senso, le opere d’arte sono il nostro specchio, sono speculari a noi. Altri le possono vedere come brutture, inorridiscono di fronte al non finito. A noi calabresi piacciono perché noi siamo il riflesso di queste opere. Noi infatti abbiamo un modo sudamericano di vivere, lento e procrastinatore. Wittgenstein ha elaborato il suo concetto con una semplice frase: non pensare, guarda. Noi cerchiamo di applicare questo concetto a quelli che possiamo chiamare fatti estetici”.

Questo fenomeno artistico include il porto di Gioia Tauro, il pontile ex Sir di Lamezia Terme, il polo siderurgico di Saline Joniche, il tribunale di Reggio Calabia, le abitazioni di piccoli borghi e grandi città, un fiume di denaro pubblico che ha sventrato spiagge, espropriato terreni coltivati, in un percorso che va dall’Aspromonte a Tropea, fino a Gimigliano, sulla Sila, dove era prevista la diga più grande d’Europa che doveva servire l’area di Catanzaro e Lamezia, naturalmente mai terminata.

Le opere incompiute, presentate alla biennale di Venezia, fanno parte della cultura calabrese, figlia dell’onda della emigrazione, dei disastri naturali, delle alluvioni e dei terremoti, l’eterno conflitto di un popolo con una terra ostile, come dimostrano i paesi sulla 106, la strada jonica che collega la Calabria alla Puglia.

Tra i paesi toccati dalla strada statale c’è anche Roseto Capo Spulico in proincia di Cosenza, dove si trova uno dei simboli della regione, una scala mobile in mezzo al niente, celebrata anche dal celebre New York Times, emblema del progetto di un centro commerciale che non è mai stato attuato, e che oggi sopravvive come attrazione turistica o come l’attesa di un desiderio che non accadrà mai, immagini lontane dalla dimensione mostruosa o criminosa implicita nella visione dei forestieri.

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