“La forma dell’ideologia – Praga: 1948-1989”, l’arte cecoslovacca in mostra a Parma

La mostra “La forma dell’ideologia - Praga: 1948-1989”, allestita nella sede del Palazzo del Governatore, propone oltre 200 opere tra dipinti, disegni, acquerelli e lavori di grafica: un caleidoscopio di personalità oltre l'omologazione della dittatura.

“La forma dell’ideologia – Praga: 1948-1989”, l’arte cecoslovacca in mostra a Parma

La mostra inaugurata al Palazzo del Governatore di Parma, dal titolo “La forma dell’ideologia – Praga: 1948-1989“, visitabile dal 25 maggio al 28 luglio 2019, propone oltre 200 opere tra dipinti, disegni, acquerelli, lavori di grafica, di stampa, fotografie, oggetti di design e proiezioni cinematografiche: un’inusuale produzione artistica avulsa dall’astrattismo e capace di inscenare una potente forma di realismo.

La mostra è promossa da Fondazione Eleutheria, Collezione Ferrarini-Nicoli e Comune di Parma, in collaborazione con il Museo di Arte Decorative di Praga, ed è curata da Gloria Bianchino, Francesco Augusto e Ottaviano Maria Razetto. L’esposizione è allestita perseguendo un preciso percorso temporale, ovvero dagli anni ’20 del Novecento fino agli anni ’80.

Tale percorso è stato pensato per rendere tangibile l’atmosfera culturale di Praga e della Cecoslovachia attraverso l’espressione artistica di pittori realisti come Josef Štolovský (1879-1936), Josef Brož (1904-1980), Adolf Žábranský (1909-1981), Jaromír Schoř (1912-1987), Sauro Ballardini (1925-2010) ed Alena Čermáková (1926-2009). Settanta anni di arte cecoslovacca capaci di far scoprire una Praga completamente diversa da quella che i turisti assaporano nei loro fugaci viaggi ed oltremodo distante dalle cronache sussurrate al di là della cortina di ferro antecedente il 1989.

L’arte oltre la dittatura

La curatrice della mostra Gloria Bianchino propone quel dibattito che negli anni Venti infiammò Praga: l’imposizione di una sola lingua da parte della Russia sovietica non aveva ostacolato la nascita di variegate forme di realismo. Nell’immediato dopoguerra i fautori della ricerca artistica legata alle avanguardie si contrapponevano ad un’idea diversa dell’arte, ad un’arte attenta a proporre un linguaggio immediatamente comprensibile, subitamente leggibile dal popolo.

L’idea di lasciare gli artisti liberi di utilizzare linguaggi diversi si affiancava a coloro che rendevano imprescindibile manifestare una sola lingua comprensibile dai cittadini e ben distante da dialettiche avanguardiste destinate ad una cerchia elitaria. Dopo 30 anni dalla caduta del regime è possibile assaporare quel linguaggio artistico che non si è fatto incasellare in una mera e stanca essenza propagandistica ma che attraverso le proprie opere è riuscito a proporre un percorso di verità individuali contro il pensiero unico imposto; 200 sfaccettature, un coro di voci dissonanti sconosciuto.

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