Dadaismo e Surrealismo in mostra ad Alba

"Dal nulla al sogno" è il suggestivo titolo della mostra inaugurata lo scorso 26 ottobre alla Fondazione Ferrero di Alba. Aperta fino al 25 febbraio, ad ingresso libero, l'esposizione vedrà protagoniste le opere della Collezione del Museo olandese Boijmans Van Beuningen.

Dadaismo e Surrealismo in mostra ad Alba

Lo scorso 27 ottobre ha aperto ad Alba, alla Fondazione Ferrero, la mostra dal titolo “Dal nulla al sogno. Dada e Surrealismo dalla Collezione del Museo Boijmans Van Beuningen“. Inaugurata il 26 ottobre e curata dal professor Marco Vallora, l’esposizione rimarrà aperta al pubblico, ad ingresso gratuito, fino al 25 febbraio 2019. L’allestimento è stato curato dall’architetto albese Danilo Manassero e la maggior parte delle opere sarà esposta in Italia per la prima volta in assoluto. La mostra rende omaggio alle celebri avanguardie del Novecento, ovvero il Dadaismo e il Surrealismo. Si tratta di un’esposizione complessa e articolata, che illustrerà il periodo di fermento artistico sviluppatosi in Europa negli anni Venti non solo attraverso i quadri e i dipinti, ma avvalendosi anche di una serie di documenti teorici, manifesti, testi provocatori e contributi sonori e cinematografici.

Il museo olandese Boijmans Van Beuningen di Rotterdam prende il nome da due importanti collezionisti: Frans Boijmans e Daniël George van Beuningen, i quali hanno contribuito ad arricchire la collezione di numerosi capolavori. Forse non molto conosciuto alle nostre latitudini, è una delle maggiori realtà del Nord Europa e tra i più antichi musei dei Paesi Bassi, che si distingue da sempre per il suo carattere eclettico ed è custode della collezione di Edward James, collezionista e mecenate, viaggiatore e poeta, che si divise tra la passione per Magritte e Dalí. All’interno della mostra è presente infatti “La reproduction interdite”, firmato da René Magritte nel 1937, che raffigura un celebre ritratto di James sdoppiato allo specchio. Alle opere provenienti dall’Olanda il curatore Vallora ha affiancato un certo numero di capolavori di proprietà diversa, funzionali al suo discorso sul passaggio tra Dadaismo e Surrealismo. La mostra – resa pubblica attraverso l’utilizzo, per la locandina e la pubblicità, di un famoso trittico di grandi dimensioni di Dalì dal titolo “Paesaggio con fanciulla che salta la corda” – fa sfoggio anche di documenti rarissimi, provenienti dai caveaux della biblioteca del museo olandese.

L’esposizione si suddivide in nove sezioni – dai titoli avvincenti, quali ad esempio “Il grado zero dell’arte Dada; Il Sogno”, “Eros, amour fou, trasgressione erotica”; “L’inconscio, il doppio, il perturbante”; “Arte e natura, la reinvenzione dell’uomo”; “Sade, Freud, Marx, muse inquietanti del vivere surreale”; “Esiste un’architettura surrealista?” – all’interno delle quali si susseguono opere di grande pregio e dal forte impatto, le quali coesistono in un dialogo ora armonico, ora contrastante, ponendo un’attenzione particolare alla relativa cronologia e riflettendo problematiche e temi caratteristici che contribuiscono a segnare i confini tra la poetica nichilista del movimento Dada e quella più costruttiva tipica del Surrealismo; tematiche quali il caso, la bruttezza estetica, il sogno, l’inconscio, il legame con l’arte antica e l’ideologia.

Il titolo illustra la mostra

Il titolo della mostra, che mette in gioco l’inverosimile parola “Nulla“, in realtà deve non solo intrigare e creare stupore, ma vuole anche rispettare una delle convinzioni più radicali del Dadaismo, che non solo punta tutto sul caso e sul rifiuto dell’artista come padrone della propria opera, ma si sottomette alle leggi dell’azzardo e del gioco, perorando la causa della negazione dell’arte decorativa e rassicurante e del rifiuto del Bello museale, concetti espressi attraverso i celebri ready-made. L’opera d’arte, considerata non più opera nè tantomeno artistica, deve suscitare inquietudini, malesseri e soprattutto interrogativi. Si tratta di opere che non sono belle in sé, come altre opere classiche e persino delle avanguardie, ma sono giochi sfrontati con l’immaginario, esercizi di non-pittura e di anti-arte e quindi, in questo senso, non vanno spiegate ma vanno inquadrate in un contesto di rifiuto, sovversione e anarchia.

Non si deve dimenticare che Dadaismo e Surrealismo, seppur diversi nei loro assunti, condividono matrici, ideologie e influenze. La sezione della mostra dedicata al Sogno, invece, simboleggia una sorta di ripartenza, di nuovo inizio, dopo l’azzeramento e il rifiuto radicale dell’arte, intesa come opera d’arte realizzata da un artista che ne è padrone, perpetrato dai dadaisti. Per questo motivo la parola “Sogno” – che soprattutto con Dalí diventa anche incubo, in senso privato quanto storico, dal momento che l’artista spagnolo è notevolmente compromesso con la dittatura franchista, a differenza di altri artisti legati all’ideologia comunista – assume il significato di libertà, spensieratezza, delicata leggerezza, ma anche introspezione e penetrazione nell’inconscio.

Il percorso espositivo

Alcune delle opere sono ben riconoscibili, in quanto diventate di pubblico dominio e ampiamente diffuse in qualità di copertine di volumi, poster e quant’altro, che tutti noi abbiamo avuto modo di osservare in una maniera o nell’altra, come ad esempio i dipinti di Dalí, Magritte, Man Ray o Max Ernst, giusto per citarne alcuni. Sono molti, dunque, i capolavori che si danno appuntamento alla Fondazione Ferrero. Come spiega il curatore Marco Vallora: “In un meditato e articolato percorso, la Fondazione propone, per il suo biennale appuntamento con la grande arte, ad ottobre, una nuova mostra di ambito internazionale, originale e diversa dalle precedenti. Perché coinvolgerà libri, poesie, riviste, pamphlets di furente polemica reciproca, spezzoni di film, frammenti di musica, legati tutti ai due movimenti, lettere e manifesti, affiancati a tele e sculture innovative e spesso di rottura, di grande suggestione e rilevanza storica“.

Questa mostra non si avvale, dunque, solo di dipinti e opere scenografiche come il trittico di Dalì o la bocca-divano di Mae West, conosciuta anche in repliche di design, ma qui presente in un singolare originale vintage d’epoca, o ancora le inquietanti ma suggestive tele misteriose di Magritte, ma espone anche documenti rarissimi, che hanno lo scopo di accompagnare il percorso dell’esposizione con una forza dirompente, in grado di illustrare alcuni esiti estetici dei diversi movimenti e dei relativi sotto-gruppi, sempre sottilmente in conflitto tra loro. Fotografie, stampe, calendari, cartoline, volumi illustrati, riviste con copertine caratterizzate dal grande impatto grafico, firmate da artisti come Picasso, Duchamp ed Ernst, ad esempio per la nota rivista “Minotaure“. Sono presenti anche testi precursori e profetici, documenti premonitori, personaggi politici, storici del cinema e pensatori come Naville, Sadoul, Lacan, il critico d’arte Leiris o lo studioso dell’immaginario e del sogno Caillois. In questo contesto, tra gli elementi più suggestivi e spettacolari presenti all’interno dell’esposizione, figurano gli spezzoni e i fotogrammi di film sperimentali ed anticipatori, che portano le firme di personaggi quali Buñuel, René Clair, Dulac, Richter e le celebri sequenze richieste a Dalí da Walt Disney e da Alfred Hitchcock.

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