Negli ultimi anni la questione della privacy sui social network è diventata uno dei temi più dibattuti e controversi nel mondo digitale. Gli utenti si sono progressivamente abituati all’idea che le foto e i video pubblicati su piattaforme come Facebook e Instagram possano essere analizzati e utilizzati dalle aziende, in particolare da Meta, per alimentare e migliorare i propri algoritmi di intelligenza artificiale.
Tuttavia, l’ultima mossa di Meta sembra voler spingersi ben oltre la semplice analisi dei contenuti pubblici, arrivando a interessarsi anche di materiale privato, presente solo nella memoria personale degli smartphone degli utenti, mai condiviso né pubblicato. Secondo quanto rivelato da The Verge, alcuni utenti di Facebook hanno ricevuto un invito a attivare una nuova funzione chiamata “cloud processing”.
Questa funzionalità permette, previa autorizzazione, di caricare direttamente sul cloud di Meta foto e video conservati nella galleria dello smartphone, anche quelli che non sono stati mai condivisi sui social. Meta giustifica questa mossa come un modo per offrire agli utenti suggerimenti più creativi e personalizzati, come collage, riepiloghi o modifiche automatiche alle immagini, basati su temi ricorrenti come compleanni, matrimoni o altri eventi speciali.
Il sistema, insomma, prenderebbe in esame la memoria personale dell’utente per proporre contenuti da condividere, rendendo più facile e veloce la creazione di post accattivanti. Ma quali sono le implicazioni in termini di privacy? Accettare il “cloud processing” significa concedere a Meta un accesso molto più profondo e invasivo ai propri dati personali: non solo le immagini, ma anche informazioni sui volti, le date di scatto, e la presenza di persone o oggetti nelle foto. Nonostante Meta abbia dichiarato che questi dati non verranno utilizzati per addestrare i propri modelli di intelligenza artificiale, questa affermazione rimane parzialmente vaga. L’azienda, infatti, non ha escluso in modo netto che in futuro tali dati possano servire a migliorare i propri sistemi AI, generando così un alone di incertezza che alimenta la diffidenza degli utenti e degli esperti di privacy. Inoltre, restano poco chiari i meccanismi esatti con cui Meta gestisce queste immagini caricate.
Sebbene si dichiari che solo le foto e i video degli ultimi 30 giorni vengano coinvolti, i suggerimenti basati su eventi sembrano fare riferimento anche a immagini più vecchie, sollevando dubbi sul controllo effettivo che gli utenti possono esercitare sui propri dati. Fortunatamente, è possibile disattivare la funzione direttamente dalle impostazioni di Facebook. In questo modo il caricamento dei contenuti privati cesserà e tutte le immagini e i video caricati verranno cancellati dai server di Meta entro 30 giorni. Tuttavia, testimonianze online segnalano che la funzione è già attiva su un numero significativo di profili, spesso senza che gli utenti ne siano pienamente consapevoli. La linea tra un servizio che vuole essere utile e un’intrusione nella privacy personale è sempre più sottile. ù
Mentre da un lato Meta propone funzionalità che potrebbero semplificare la vita social di molti utenti, dall’altro lato si delinea un quadro preoccupante in cui la dimensione privata della vita digitale rischia di essere stravolta. In un’epoca in cui la protezione dei dati personali dovrebbe essere un diritto fondamentale, questa nuova frontiera dell’accesso ai contenuti non pubblicati pone un quesito urgente su quali siano i limiti da imporre e su come gli utenti possano difendersi efficacemente. Se la tutela della privacy è una priorità, il consiglio più importante è tenere sotto controllo queste nuove funzioni, valutare con attenzione le autorizzazioni concesse e, se necessario, disattivare il “cloud processing” per evitare che i propri ricordi più intimi diventino materia prima per algoritmi e modelli di intelligenza artificiale.