Il Governo italiano si prepara a una nuova stretta sull’uso degli smartphone a scuola, e questa volta nel mirino finiscono anche gli istituti superiori. Dopo aver imposto il divieto fino alla terza media, l’esecutivo guidato dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara punta a estendere la misura anche agli studenti più grandi.
L’annuncio è arrivato durante la trasmissione Cinque Minuti, dove Valditara ha spiegato che la proposta nasce da una riflessione sul benessere psicologico degli studenti e sulla necessità di recuperare un clima scolastico più sano e concentrato. Secondo quanto dichiarato dal ministro, i primi risultati del divieto alle medie sono stati più che incoraggianti, con numerosi docenti che hanno registrato un miglioramento nella partecipazione e nell’attenzione in classe.
Ma ciò che sorprende maggiormente è la reazione positiva degli stessi studenti, che avrebbero manifestato sollievo per una pausa forzata dalla pervasività dei social e delle notifiche. In un contesto dove si parla sempre più di dipendenza digitale e di impatto negativo della tecnologia sulla salute mentale, soprattutto tra gli adolescenti, l’iniziativa sembra trovare terreno fertile.
Non si tratta però di un dibattito esclusivamente nazionale. Valditara ha confermato di aver portato a Bruxelles una proposta per estendere il divieto a livello europeo, ottenendo l’interesse di Paesi come Francia e Svezia, già noti per le loro politiche scolastiche rigorose in ambito digitale. In parallelo, è al vaglio del Parlamento italiano anche una proposta bipartisan per vietare l’accesso ai social network ai minori di 15 anni, segno di un cambiamento culturale che punta a proteggere le nuove generazioni da un’esposizione prematura e spesso malsana al mondo online. Durante la stessa puntata televisiva, è intervenuto anche Antonio Polito, giornalista del Corriere della Sera, il quale ha espresso una posizione più critica.
Secondo Polito, il problema è reale, ma il proibizionismo potrebbe non rappresentare la strada migliore: piuttosto che vietare tout court, sarebbe più efficace accompagnare i ragazzi in un percorso di educazione digitale e responsabilizzazione nell’uso della tecnologia. Ed è proprio questo il nodo centrale della questione. Se da un lato vietare l’uso degli smartphone in classe potrebbe restituire centralità al rapporto tra studente e insegnante, favorendo l’attenzione e il dialogo, dall’altro bisogna evitare il rischio di scollarsi da una realtà in cui il digitale è ormai onnipresente.
In un’epoca dominata dall’intelligenza artificiale, in cui le competenze digitali saranno sempre più centrali, escludere completamente i dispositivi mobili dal contesto educativo potrebbe rivelarsi una scelta miope. La proposta del Governo, quindi, apre una riflessione più ampia sul ruolo che la tecnologia deve avere a scuola: se da un lato è necessario tutelare i giovani da un uso eccessivo e dannoso degli smartphone, dall’altro bisogna lavorare a una didattica che sappia integrare in modo consapevole e produttivo gli strumenti digitali. Il bando totale potrebbe essere solo l’inizio di un nuovo approccio educativo, più maturo e responsabile.