Nick Clegg, presidente degli affari globali di Meta, ha recentemente sollevato un forte campanello d’allarme sulla posizione dell’Europa nel campo dell’intelligenza artificiale (AI). Secondo Clegg, l’Europa sta “perdendo tempo” nell’adozione e regolamentazione delle tecnologie AI, con il risultato che i paesi e le aziende non europee stanno guadagnando un vantaggio competitivo significativo.
Clegg ha utilizzato un esempio drammatico per sottolineare la situazione: “Se sei un agricoltore in India, hai accesso a modelli di AI più aggiornati rispetto a un uomo d’affari a Milano.” Questo scollamento tra l’Europa e il resto del mondo nel campo dell’AI potrebbe avere implicazioni rilevanti per il futuro economico e tecnologico del continente. Il contesto di questa dichiarazione si inserisce in un periodo delicato per Meta e l’intera industria dell’AI in Europa. Dopo la pubblicazione del parere del Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB), Clegg ha evidenziato come la regolamentazione europea stia rallentando l’innovazione e il progresso.
In particolare, Meta ha sospeso il lancio della sua AI generativa, Meta AI, in Europa in risposta alle preoccupazioni sollevate dalle autorità di protezione dei dati, tra cui la Commissione irlandese per la protezione dei dati (DPC). La controversia riguarda l’uso dei dati pubblici provenienti dalle piattaforme social come Facebook e Instagram per addestrare l’AI, senza un consenso esplicito da parte degli utenti. La situazione è aggravata dalla complessità e dall’eterogeneità della regolamentazione europea. Con oltre 100 leggi focalizzate sulla tecnologia e più di 270 enti regolatori che operano nei vari Stati membri, l’Unione Europea si trova intrappolata in un labirinto normativo che rende difficile una risposta rapida e coordinata alle sfide poste dall’AI.
Come affermato dallo stesso Clegg, l’Europa sembra incapace di prendere decisioni chiare e tempestive, mentre gli altri paesi, come gli Stati Uniti e il Regno Unito, stanno accelerando il passo nell’adozione delle tecnologie avanzate. Un altro elemento critico sollevato da Clegg riguarda la questione della velocità nell’adozione dell’AI.
Sebbene riconosca l’importanza di una regolamentazione prudente, Clegg insiste che la mancanza di azione rapida potrebbe avere conseguenze devastanti per la competitività dell’Europa. Secondo lui, non si tratta di agire senza riflettere, ma di adottare un approccio più rapido e decisivo, simile a quello di altri paesi. La disparità tra la situazione europea e quella globale è ormai evidente, con paesi come l’India che sembrano essere in vantaggio rispetto alle nazioni europee per quanto riguarda l’accesso a tecnologie avanzate. L’esempio del Regno Unito, che ha permesso a Meta di allenare il proprio modello AI nonostante la stessa regolamentazione europea per la privacy, evidenzia come una maggiore flessibilità nelle interpretazioni legali possa risultare vantaggiosa. Questo ha portato Clegg a suggerire che l’Europa sta affrontando non tanto un problema legale, ma una difficoltà nell’interpretazione uniforme della legge, che rallenta il progresso.
Nel frattempo, il dibattito sulle politiche regolatorie continuerà a essere centrale nelle discussioni internazionali. Con i vertici del G7, G20 e l’Unione Europea che si preparano a esaminare il futuro dell’AI, Clegg rimane ottimista sul fatto che l’innovazione e la competitività globale possano essere preservate, ma solo se l’Europa saprà superare le sue difficoltà interne e affrontare il futuro con maggiore decisione. Secondo Clegg, il 2025 potrebbe essere l’anno in cui ogni persona al mondo avrà accesso al proprio assistente personale AI. Tuttavia, se l’Europa non riuscirà a colmare il divario tecnologico con le altre regioni, rischia di rimanere indietro, perdendo l’opportunità di giocare un ruolo di leadership nell’era digitale.