Difficile trovare qualcosa di più odioso della tassa di concessione governativa che gli intestatari di un abbonamento di telefonia mobile devono corrispondere allo Stato.
Ebbene, nella tarda serata di ieri in Senato è stato approvato con 143 voti favorevoli, 118 contrari e 10 astenuti,un ordine del giorno, presentato dalla Lega Nord, che proponeva l’abolizione della suddetta tassa di concessione governativa per i contratti in abbonamento di telefonia mobile.
Il governo, invece, si è dichiarato contrario per un problema di coperture (sarebbe interessante capire cosa vuol dire tale affermazione).
“L’impegno ad abolire la tassa sui telefonini è una grande vittoria della Lega Nord e una sconfitta per il governo Letta, che ha dato parere contrario alla cancellazione di questa odiosa imposta. Quella sui cellulari è una tassa assurda nata negli anni ’90 come imposta di lusso, mentre oggi i telefonini sono uno strumento di lavoro e un bene di largo consumo.” È il commento del senatore del Carroccio Jonny Crosio.
Sebbene comunque questo fatto possa far ben sperare per l’eliminazione della tassa di concessione governativa, affinché il decreto si trasformi in legge, è necessario che il testo venga approvato anche nella Camera oltre che in Senato. Il percorso legislativo è dunque ancora molto lungo e alla fine non è detto che l’odiata tassa venga abolita.
Ricordiamo che la tassa di concessione governativa è prevista ai sensi dell’articolo n. 21 DPR 26 ottobre 1972, n. 641 (Disciplina delle tasse sulle concessioni governative) e prevede un corrispettivo mensile di 5,16 euro per i clienti privati e di 12,91 euro per i clienti affari. E’ stata introdotta nel 1995, dal momento che, come ha giustamente specificato il senatore Crosio, i cellulari venivano considerati ancora dei beni di lusso. Una cosa un po’ anacronistica, visto che oggi ogni italiano possiede almeno un cellulare.
O forse il vero motivo per cui non è ancora stata abolita è che porta nelle casse dello Stato 91 milioni di euro l’anno? Ai posteri l’ardua sentenza.