Capodimonte, Anno Domini 1664: Rosalba, per tutti Ro, l’intraprendente figlia del conte Cardelli, si ribella all’idea che Renzo Tanielli, il giovane figlio di un suo fittavolo, debba marcire in prigione per qualche furtarello di poco conto.
Non esita perciò a intercedere personalmente presso il Tribunale di Viterbo per ottenere la sua custodia, sfidando il parere contrario del suo consigliere e dei suoi familiari; quando il prigioniero riprende il lavoro nei campi del padre, le lamentele, i sospetti, le paure non si placano, ma Ro, ancora convinta di essere nel giusto, si sforza di ignorarli.
Almeno fino al giorno in cui un omicidio davvero sanguinoso, seguito dalla misteriosa scomparsa del Tanielli, non la riporta alla realtà: nel contado si scatena una caccia selvaggia nei confronti del fuggiasco, da tutti ritenuto colpevole.
Toccherà a Ro assumersi la totale responsabilità del suo prigioniero; le recriminazioni pesantissime che dovrà affrontare faranno vacillare ogni certezza sulle sue capacità, ma lei troverà la forza di portare avanti un’indagine personale per dimostrare, prima di tutto a sé stessa, di non essersi sbagliata.
Il romanzo è abbastanza lungo, ma risulta anche abbastanza scorrevole; la protagonista è un personaggio davvero ben caratterizzato e a tutto tondo. Il personaggio di Renzo, d’altro canto, rimane un enigma per il lettore per gran parte della storia pur risultando anche lui ben delineato, così come è ben delineato anche Oreste, il fidato segretario di Ro. Anche i comprimari hanno un loro spessore e i personaggi in generale sono il maggior punto di forza di questo romanzo. La trama è interessante e strutturata abbastanza bene, anche se da questo punto di vista si sarebbe potuto fare qualcosa di meglio; il finale, poi, senza voler rivelare nulla, regala comunque sorprese. La narrazione a tratti rallenta un po’, ma poi riprende sempre il suo ritmo incalzante.