Viviamo in un’epoca nella quale andiamo in giro con dei cellulari all’interno dei quali sono presenti le celle che, in pochi minuti, ad esempio, aiutano la polizia a rintracciare una persona scomparsa. È grottesco cadere nella trappola di chi ci fa credere che se scaricassimo un’app, una delle tante presenti sui nostri cellulari, ma che finalmente ha una funzione utile, saremmo “controllati”.
Lo siamo sempre e comunque. Lo spiega in un’intervista Pierpaolo Sileri. In realtà sta accadendo proprio che coloro che pensano di aver capito tutto, senza avere reali fonti alle quali attingere informazioni veritiere e comprovate, fondamentalmente hanno capito poco del reale servizio svolto da questa app. Chi appartiene a questa fascia di persone, spesso negazionisti di fronte a dati, morti ed evidenze, non si rende conto di essere la prima vittima, quando, di contro, si tratta di prendere delle semplici precauzioni.
Nessuno si è mai detto schiavo per dover usare per legge la cintura di sicurezza e nemmeno si è posto il problema che scaricando l’App che consente di ricevere il cibo a casa consenta di rintracciarlo in modo alquanto facile. L’opera di terrorismo psicologico contro Immuni lo ha invece convinto che ci sia dietro una voluta azione di controllo delle masse.
È il viceministro Sileri a informarci che se i 5 milioni di persone che hanno scaricato l’app Immuni diventassero 10 milioni, soprattutto i giovani, avremmo fatto enormi passi avanti nel contact tracing, in particolar modo durante l’estate, per limitare la circolazione del virus.
Se tutti avessimo l’app Immuni, saremmo semplicemente informati nel caso in cui venissimo a contatto con soggetti positivi e, ad esempio, dovessimo ricordare con chi siamo venuti a contatto due settimane prima. Consentirebbe di agire nell’immediato, sapendo dove intervenire, anziché obbligare altre persone a potenziali quarantene a rischio.
L’esempio dei turisti arrivati in Sardegna
Se, ad esempio, i turisti che hanno introdotto il virus in Sardegna avessero scaricato Immuni prima di partire, la diffusione si sarebbe contratta, evitando nuovi focolai. È bizzarro che ci si possa spaventare per un semplice sms sul cellulare nel caso in cui l’app evidenzi la presenza di un positivo accanto a noi, nel totale rispetto della privacy.
Si, perché un bip non significa che improvvisamente saranno diffuse pubblicamente in rete le nostre generalità. Ci si aspetta, inoltre, che un positivo consapevole dovrebbe avere il senso civico di segnalare il proprio stato di salute nel rispetto degli altri esseri umani.
Il ruolo di Immuni nella ripartenza del Paese
Se tutti avessimo l’app Immuni anche durante l’utilizzo dei mezzi pubblici, magari mentre ci rechiamo a scuola o al lavoro, renderemmo molto più semplice il rintracciamento allertando chi si è trovato a un metro da un soggetto positivo e escludendo tutti gli altri. Immuni andrebbe diffuso nelle scuole e nelle università, incentivando alla tutela dei nostri giovani.
Sono davvero tante le persone che pur senza Immuni, richiedono di eseguire un tampone basandosi sui ricordi dei soggetti con i quali sono stati a contatto. Persone che non hanno realmente corso rischi eseguono tamponi del tutto inutili, facendo sprecare enormi quantità di soldi al sistema sanitario nazionale già massacrato dai tagli passati.
È lecito domandarsi se nel caso in cui i tamponi fossero stati a pagamento come in altri Stati, le persone sarebbero state più propense a non spendere e a scaricare una semplice, innocua ed efficace App. Esiste un modo per non essere controllati, o meglio rintracciati e localizzati.
È quello di non usare la tecnologia, non avere un cellulare, non utilizzare Google, che attraverso i suoi algoritmi ci fa visualizzare le pubblicità mirate su Facebook, esclusivamente per indurci all’acquisto. Chi davvero teme di essere controllato dovrebbe rinunciare a tutto questo e sarebbe libero come non mai: siamo sicuri di voler rinunciare? Ma soprattutto, siamo sicuri che il problema sia davvero l’app Immuni?