"Aladdin", la recensione del film in live action della Disney

Da due settimane nelle sale cinematografiche, il remake in live action di "Aladdin", firmato da Guy Ritchie, affronta temi attuali e offre spunti di riflessione anche sul tema dell’uguaglianza e della parità dei sessi.

"Aladdin", la recensione del film in live action della Disney

Continua la trasformazione dei cartoni animati firmati Disney in live action. Dopo Dumbo, infatti, è giunto il momento di volare in Oriente e vivere la storia d’amore di Aladdin e Jasmine, tra tappeti volanti, lampade magiche, la scimmia Abu che ruba, il pappagallo che fa la spia e un genio del tutto originale.

La versione in live action di “Aladdin”, il film d’animazione targato Disney del 1992, è firmata da Guy Ritchie e vede nel cast Will Smith (il genio), Mena Massoud (Aladdin), Naomi Scott (Jasmine), Marwan Kenzari (Jafar), Navid Negahban (il sultano). Il regista si è dovuto confrontare con un successo che, ai tempi, ottenne 5 candidature agli Oscar e che vinse due statuette, tra cui una per la miglior canzone, “A whole new world”.

La trama ricorda quasi in tutto il cartone animato originale. Esiste solo una differenza che non passa inosservata. Il film, infatti, inizia con la presentazione di una famiglia composta da padre, madre e due figli a bordo di una piccola imbarcazione. I bambini fantasticano sulle opportunità che possa offrire averne una più grande. È questo il momento in cui inizia la storia di Aladdin, arricchita di effetti speciali, canzoni, balli e colori in stile musical di Broadway e di Bollywood.

La performance di Will Smith, nel ruolo del genio-amico, anima e diverte per tutto il film senza cercare, a ragion veduta, di imitare quanto precedentemente aveva fatto il doppiaggio di Robin Williams. Qui, infatti, il genio burlone, eccentrico ed egocentrico, ma anche desideroso di essere libero e umano, ricorda nei modi di fare e di agire due personaggi precedentemente interpretati dallo stesso attore ovvero Willy, il principe di Bel Air e Hitch. Allo stesso modo, balli, canti e colori sono il mezzo comunicativo per esprimere pensieri, emozioni e sentimenti di Aladdin e Jasmine. Aladdin è il “diamante grezzo” tentato dal potere ottenuto con la magia, ma che si ravvede per il bene degli altri.

Oltre all’amore vero e incondizionato, i temi affrontati nella pellicola sono molteplici e gli spunti di riflessione si possono cogliere scena dopo scena. Tra questi, il desiderio comune di voler cambiare per migliorare, le conseguenze che comportano la sete di potere, l’ambizione, il voler apparire perfetti a tutti i costi. Il regista affronta anche il tema dell’uguaglianza e della parità dei sessi. Jasmine è la prova che anche una donna è forte e può diventare sultano e cambiare le leggi. Sentimenti ed emozioni, timori e potenzialità ed ancora l’istinto, così come lo scontro tra amore e psiche, trovano spazio con mezzi e personaggi differenti, dalla tigre di Jasmine al genio stesso.

Da un punto di vista tecnico, gli effetti speciali proposti da Michael Dawson sono convincenti, anche se non passa inosservato l’uso del computer per realizzare alcune scene. Per quanto riguarda l’aspetto musicale c’è da osservare che, rispetto alla versione animata, alcune canzoni sono state accelerate per adattarsi ai balli. Inoltre, nel live action, Jasmine interpreta due canzoni da solista mentre, nella versione del 1992, cantava solo “A whole new world”. Qui, Jasmine canta anche “Speechless”, composta da Alan Menken e dai parolieri Benj Pasek e Justin Paul, vincitori dell’Oscar per “La La Land”.

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