Ogni tanto si sente parlare, senza dimostrazioni scientifiche, di come le nuove tecnologie possano impattare sulla salute delle persone. A tal proposito c’è sempre qualcuno pronto a tirare in ballo la relazione tra telefoni e cancro ma, da una ricerca delle Nazioni Unite, emergerebbe un rapporto inquietante anche tra le app per appuntamenti e malattie sessuali (HIV in particolare).
Vediamo di scoprirne di più. In queste ultime settimane le Nazioni Unite hanno pubblicato un’interessante ricerca durata due anni sugli adolescenti che vivono nella zona dell’Asia-Pacifico dove risultano abitare più della metà dei 1,2 miliardi di adolescenti totali presenti al mondo.
Dal documento è emerso un picco di infezioni dell’HIV tra gli adolescenti di 10-19, in particolare di sesso maschile e di tendenza omosessuale. Seguono, poi, i contagi di chi fa del lavori legati al sesso (es. i transessuali), di chi è sessualmente sfruttato, o di chi si inietta le droghe.
La ragione di questa tendenza che va a contrastare il trend in calo, anche in Africa, di infezioni (almeno negli ultimi 15 anni) è da individuare nelle condizioni in cui vivono i giovani omosessuali asiatici. A scuola vengono discriminati sino alla ghettizzazione e, se minorenni, non possono frequentare i locali per gay. Oggettivamente non hanno molte occasioni per conoscersi e questo ha portato a far nascere una domanda di socialità poi soddisfatta da alcune app di dating che moltiplicano, in modo esponenziale, la possibilità di trovare quello che si desidera anche in ambito sessuale. Risultato? Sono aumentati gli appuntamenti al buio e le opportunità di sesso occasionale: da qui all’incremento del diffondersi di malattie sessualmente trasmissibili il passo è breve e conferma la relazione tra queste ultime e le app di dating.
Wing-Sie Cheng, consulente per l’Unicef in merito alla diffusione dell’Aids/HIV nell’Asia/Pacifico, ha spiegato che i giovani asiatici sono quelli che più hanno la possibilità di morire per tali malattie perché, per paura di essere stigmatizzati non rivelano la loro identità sessuale o un eventuale contagio. Oltretutto è anche da considerarsi come, in alcuni di questi lontani Paesi, per il test dell’HIV occorra il consenso genitoriale, se minorenni.
La soluzione? Secondo i ricercatori dell’Unicef è semplice. Occorrerebbe migliorare le condizioni di vita, sociali e culturali, nelle quali vivono i giovani omosessuali asiatici e, nel breve tempo, lavorare con i fornitori di app per dating al fine di sensibilizzare maggiormente i giovani in merito al pericolo che, con gli incontri occasionali, sovente non protetti, si possano contrarre malattie molto gravi come appunto l’HIV. E la precauzione, in questo caso, passa proprio per le app di dating.