Che Facebook tracciasse i nostri contenuti, le nostre scelte ed abitudini di uso all’interno del suo ecosistema era risaputo ed ovvio: dopo qualche mi piace alla nostra squadra del cuore, non era un caso che gli annunci pubblicitari interni ci mostrassero siti che offrivano t-shirt o biglietti proprio di e per quella data compagine.
Sin qui, come dicevamo, era un dazio già noto da pagare per l’uso di un ambiente, quello del social Facebook, che ci permetteva di rimanere in contatti con parenti, vecchi amici, personaggi noti e interessi di ogni genere e sorta. Però, almeno, il mondo “di fuori” rimaneva al di fuori degli appetiti pubblicitari di Facebook.
Ecco, quel periodo è ufficialmente finito: a darne notizia, con non troppo clamore sul blog ufficiale dell’azienda, è proprio Stephen Deadman, Global Deputy Chief Privacy Officer di Facebook.
In sostanza, prima il noto social in questione raccoglieva i nostri dati anche dai siti esterni nei quali, però, fosse presente un pulsante “Mi piace” (molti siti se ne dotavano per poter far circolare i propri contenuti): bastava, semplicemente, che si finisse su una pagina dotata di un bottone social perché quest’ultimo comunicasse la visita ai server di Mark Zuckerberg a Menlo Park.
Da oggi, spiega Deadman, non vi sarà solo raccolta di dati tramite questo sistema: le informazioni, infatti, verranno – adesso – anche utilizzate in modo pratico e concreto per elaborare annunci pubblicitari più pertinenti. Considerando che tra Facebook e il resto del web, tutto è marchiato Facebook (a volte anche tramite il log-in), c’è poco da stare tranquilli.
Volendo, è possibile è possibile impedire che Facebook adoperi le nostre informazioni raccolte tramite siti ed applicazioni esterne, grazie ad una specifica opzione di riservatezza contenuta nel nostro account social (https://on.fb.me/1Pky560). Tuttavia, quel che si ottiene, spiega l’EFF (Electronic Frontier Foundation), è solo che i dati in questione non vengano usati…non che non vengano raccolti.
La nostra mietitura digitale, per usare un’immagine esplicativa, continua comunque e ciò è grave: pensiamo, secondo uno studio della Stanford Graduate School of Business, che appena 10 like consentono a Facebook di saperne di noi più di un collega di lavoro, mente – con 70 “mi piace” – Zuckerberg diventa più intimo del nostro miglior amico. Se, infine, saliamo a 150 “Likes”, il noto social azzurro indovina i nostri tratti psicologici meglio del nostro partner!