“Let It Be”, l’ultimo album in studio di uno dei più famosi gruppi musicali di tutti i tempi, The Beatles, fu pubblicato esattamente 45 anni fa, l’8 maggio 1970, seguito 5 giorni dopo dall’uscita di un docufilm della stessa band, il 13 maggio dello stesso anno.
Nessuno dei quattro componenti del famosissimo gruppo presenziò alla prima del film, con il quale il mondo intero capì una volta per tutte che i Beatles degli anni precedenti non esistevano più. Il docufilm, infatti, mostrava al pubblico gli effetti dell’eroina su John Lennon, la depressione di George Harrison causata dalla poca considerazione che riceveva dagli altri tre membri del gruppo, l’impotenza di Ringo Starr e l’indipendenza, sempre più evidente, di Paul McCartney.
A rielaborare la tracklist degli ultimi lavori in studio dei Beatles fu Phil Spector, che aggiunse spezzoni di jam sessions e frammenti di conversazioni, stravolgendo totalmente il concetto base dell’album, che non prevedeva alcuna sovraincisione. Fu anche e, probabilmente, proprio a causa di questo che Paul McCartney, che era tra l’altro autore principale di quattro brani su 12, e cioè “Two Of Us”, “Let It Be”, “The Long and Winding Road” e “Get Back”, abbandonò senza preavviso il gruppo, appena un mese prima della pubblicazione del disco.
Lo stesso McCartney, 33 anni dopo, decise di pubblicare “Let it be.. Naked”, e cioè l’album nella versione originale nella quale era stato concepito inizialmente, senza sovraincisioni e senza fronzoli.
Del disco “Let It Be”, facevano parte anche i brani “Dig a Pony” ed “Across The Universe”, che, invece, erano state scritte da John Lennon e la tracklist dell’album si concludeva con “I’ve Got a Feeling”, “One After 909”, e “Maggie Mae” .
L’abbandono da parte di Paul McCartney, uno dei membri storici del famosissimo gruppo musicale degli anni ’60, segnò in qualche modo la fine dei mitici The Beatles e anche la fine di un’epoca. Tuttavia, la scissione definitiva del gruppo coincise anche con l’inizio di differenti carriere da solista, che fortunatamente portarono alla creazione di molti altri grandi capolavori musicali. Perché, come lo stesso George Harrison disse una volta, “tutto deve finire, prima o poi”.