Uscirà nei cinema italiani il prossimo 9 aprile, La dolce arte di esistere, il secondo lavoro del regista Pietro Reggiani, scritto, prodotto e diretto da lui stesso, dopo il film “L’Estate di mio fratello” del 2012.
La dolce arte di esistere, come spiega lo stesso regista ai microfoni di ComingSoon, parla dell’invisibilità come malattia psicosomatica: “L’idea di partenza nel film stava tutta nella voglia di raccontare un paradosso. Mi piaceva poter parlare dell’invisibilità per paura o timidezza, che mi è molto vicina, e contrapporgli quella che deriva al contrario dalla mancanza di attenzione. Ma la scelta principale che ho fatto è stata quella di parlare dell’invisibilità come di una malattia psicosomatica, di un problema sociale, e di non trattarla come qualcosa di eccezionale. Volevo raccontare un percorso intimo, non una storia fantastica”.
“La dolce Arte di esistere” è la storia di due persone, Roberta e Massimo, capaci di essere invisibili ogni qualvolta avvertono una situazione di disagio. Grazie all’aiuto di una voce narrante (quella di Carlo Valli) che introduce e commenta le vicende dei due quasi come avviene durante un documentario scientifico e didattico, prendiamo parte alle vicende di questo uomo e di questa donna che vedono come unica soluzione al disagio quella di scomparire, letteralmente.
Una delle scene più esilarante del film La dolce arte di esistere è, infatti, proprio quella dell’incontro tra i due che, ovviamente, reagiscono scomparendo alternativamente: se lei guarda lui, lui scompare, se lui scompare lei non si sente osservata e scompare a sua volta facendo riapparire lui, libero dallo sguardo di lei.
Nel cast di La dolce arte di esistere, oltre ai bravissimi interpreti di Roberta e Massimo, rispettivamente gli attori Francesca Golia e Pierpaolo Spollon, troviamo anche l’attrice Anita Kravos, che interpreta la madre di Roberta, e Anna Ferraioli Ravel, che interpreta la sua migliore amica Cecilia .
La protagonista Francesca Golia, sempre ai microfoni di ComingSoon, ha raccontato che “Pietro è stato un regista ben più che minuzioso: ero davvero telecomandata da lui, che ha curato ogni respiro e ogni sguardo. Anche il copione era molto dettagliato, e io dovevo solo interrogarmi su quel che provavo per evitare l’effetto macchietta. Comunque, alla fine, ho realizzato il mondo di Pietro”.