Dati e strumenti della prima iniziativa varata contro il cyberbullismo

A distanza di un mese dal varo dell'iniziativa anti cyberbullismo, arrivano i primi risultati con 1300 chiamate per richieste di informazioni e segnalazioni varie. I consigli elargiti? Non rispondere agli attacchi, bloccare i molestatori, sporgere denuncia!

Dati e strumenti della prima iniziativa varata contro il cyberbullismo

Di recente, la Società Italiana di Pediatria ha condotto, su 2.107 studenti delle scuole secondarie di primo grado, uno studio dal titolo “Abitudini e stili di vita degli adolescenti” dal quale è emerso che il 56% dei ragazzi intervistati ha avuto amici vittime di cyberbullismo.

Proprio per sensibilizzare sul problema e, anzi, per fare qualcosa di concreto in questo ambito così problematico, il 19 Ottobre scorso è partita un’iniziativa, lanciata da Samsung con la collaborazione di Moige e Polizia di Stato, volta a sensibilizzare i ragazzi delle scuole e a fornire un concreto ascolto a coloro che fossero (già stati) vittime di episodi di bullismo in presenza o via web.

Per l’occasione, oltre ad una campagna di sensibilizzazione in giro per le scuole, erano state varate anche una mail ad hoc, [email protected], ed un numero telefonico specializzato, il 393.300.90.90, ai quali rispondeva un team di psicologi in servizio 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Oggi, a distanza di un mese, emergono i primi bilanci dell’iniziativa con 1.352 chiamate ricevute delle quali 700 erano per chiedere informazioni e 620 circa per denunciare veri e propri episodi di bullismo/cyberbullismo. 

I consigli più frequenti che venivano dati, specie nel caso del bullismo telematico, più difficile da riconoscere rispetto a quello in presenza, sono stati di non rispondere alle aggressioni e di bloccare il contatto molesto. Sempre e comunque veniva spiegato come fosse opportuno non comunicare informazioni private, foto o dati sensibili, che potrebbero poi diffondersi senza il relativo consenso personale una volta apparse in rete, sui social, o nei messenger.

Molto importante, concludevano gli psicologi a chi chiedeva informazioni, era il poter contare su un adulto (genitori, professori, insegnanti di sostegno) al quale confidarsi e, nei casi più estremi (nei quali ogni altra soluzione era parsa vana in quanto già messa in atto senza risultato), prendere in considerazione l’ipotesi di sporgere denuncia alle autorità competenti. 

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