"Suspiria. La fiaba nel sangue" in uscita il 20 feb 2017

Una favola nera, disturbante, allucinate, esoterica il cui fascino è rimasto inalterato. "Suspiria. La fiaba nel sangue" rende omaggio ad un capolavoro senza tempo analizzando la realizzazione e riponendo particolare attenzione alla colonna sonora.

"Suspiria. La fiaba nel sangue" in uscita il 20 feb 2017

Sono passati quarant’anni dall’uscita di “Suspiria”, recentemente restaurato in 4K. Il libro “Suspiria. La fiaba nel sangue” offre un’analisi esaustiva sulla genesi del film, sulla realizzazione.

Dario Argento, per la creazione della sceneggatura, trasse ispirazione da “Suspiria De Profundis” dello scrittore inglese Thomas de Quincey e da “Mine-Haha ovvero Dell’educazione fisica delle fanciulle” di Frank Wedekind.

La colonna sonora dei Goblin è fondamentale per Suspiria: geniale, sperimentale, morbosa, ossessiva, emozionalmente conturbante, realizzata con strumentazioni vintage come il minimoog, il mellotron, il bouzouki. i tamburi parlanti africani e strumenti classici come il clavicembalo e la spinetta. Argento, una sorta di quinto Goblin, anelava un assalto uditivo sfiancante, durante le riprese era solito lanciare improvvisamente, a volume altissimo, la colonna sonora, per spaventare realmente gli attori e rendere realistiche le scene. L’analisi della pellicola è suddivisa in due sezioni: film e musica. Dario Argento, Claudio Simonetti, Barbara Magnolfi intervengono con dichiarazioni dirette all’interno del saggio.

Capolavoro gotico del regista, “Suspiria” è stato scritto in collaborazione con Daria Nicolodi ispiratasi alle storie della nonna, fuggita da un’accademia di musica tedesca alla scoperta che, all’interno dell’istituto, veniva praticata, in una sorta di setta, la stregoneria. Il titolo del film si deve alla medesima: appoggiando la mano sulla copertina del libro “Suspiria De Profundis” oscurò casualmente la seconda parte mettendo in risalto “Suspiria”.

La pellicola venne sviluppata con tre matrici di colore, tingendo manualmente il negativo, dal direttore della fotografia Luciano Tovoli. Argento desiderò che visionasse, approfonditamente, come fonte d’ispirazione cromatica “Biancaneve e i sette nani “. Gli abbinamenti di colori forti come il rosso e freddi come il blu o il verde, inducono visioni visivamente violente avvicinandosi a Kubrick. L’uso del formato Technicolor, metodo costoso e non più utilizzato. dona lucentezza e brillantezza ai colori potenti che soggiogano le scene.

Il film, girato con lenti anamorfiche, è composto da 1300 inquadrature, nessuna uguale all’altra. La folle scenografia metafisica è stata realizzata da Giuseppe Bassan in cui il moderno e l’antico si fondono compenetrandosi, in un’illusione ottica stravolgente. in un delirio lisergico paragonabile a Escher. Dario Argento ha edificato una sorta di incubo scenografico neo-gotico, dove le geometrie simmetriche dell’architettura dell’accademia, location del film, stritolano e occludono i personaggi, trascinandoli in un vaneggiamento privo di speranza.

Una delle sequenze più disturbanti del film è quella in cui le studentesse scoprono, atterrite, che dai soffitti di legno dell’accademia scendono incessantemente dei vermi: le piccole larve bianche di sarcophaga carnaria venivano mantenute in frigo risvegliandosi sotto i riflettori. Una scena citata addirittura da Stephen King nel suo saggio “Danse Macabre”, dedicato al cinema dell’orrore.

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